Il senso del limite da superare come un moderno Ulisse, quello dell’apparenza, della fisicità di un corpo malato ma ancora potente, dei confini geografici, dell’ipocrisia globalizzata. Un limite che va indagato, sorvegliato, tenuto d’occhio mescolato al piacere, quasi primordiale, dell’osservazione e del dialogo. Ogni fatterello, ogni storia raccontata dai monaci zen o dai saggi indù è un’occasione di conversione laica, mentre l’osservazione della natura, gli uccelli, i conigli, le nuvole, gli dà un’invidiabile pace, una solarità contagiosa, il sentimento della melodia. E’ il mistero dell’apparizione della vita, un’epifania che si rinnova ogni giorno, cambia forma, cambia linguaggio ma resta intatta la sua straordinaria pienezza. “Onestamente, Folco, questo mondo è una meraviglia – dice al figlio nel libro uscito postumo per Longanesi La fine è il mio inizio - non c’è niente da fare, è una meraviglia. E se riesci a sentirti parte di questa meraviglia, ma non tu, con i tuoi due occhi e i tuoi due piedi; se Tu, questa essenza di te, sente d’essere parte di questa meraviglia, ma che vuoi di più, che vuoi di più? Una macchina nuova?”.
Ecco,  il viaggio è la chiave di volta che tiene in piedi l’edificio. Non solo  come metafora di una personalissima e coinvolgente iniziazione, ma come  una scoperta continua alimentata dalla curiosità e dalla solida  struttura di occidentale che non smarrisce mai – anche quando lo  desidererebbe – la sua identità. 
L’annullamento del passato, della vita precedente,  non  è mai completo, non è mai totale, perché non può esserlo, perché tutti  siamo quello che abbiamo mangiato, le persone che abbiamo frequentato,  le strade che abbiamo percorso, i bar dove ci siamo seduti. Il viaggio,  però, è reso unico dall’esperienza della malattia e del dolore che  cambiano radicalmente la prospettiva, che diventano una rinascita, uno  spartiacque. Dopo la notizia del cancro per Tiziano Terzani nulla sarà  più come prima.  
“Mi  parve che tutta la mia vita fosse stata come una giostra, fin  dall’inizio m’era toccato il cavallo bianco e su quello avevo girato e  dondolato a mio piacimento senza che mai, mai qualcuno fosse venuto a  chiedermi se avevo il biglietto. No. Davvero il biglietto non  ce  l’avevo. Tutta la vita avevo viaggiato a ufo! Bene, ora passa il  controllore, pagavo il dovuto e, se mi andava bene, magari… riuscivo  anche a fare un altro giro di giostra”.  La malattia non è una iattura, non è la fine a cui abbandonarsi con  autocompiacimento, non è un porto sicuro cui rifugiarsi con il calore  degli affetti e la solidarietà di amici e familiari. E’ il tagliando  che la vita ti chiede per aver vissuto gratis, un controllo a cui  sottoporsi con coraggio (e Terzani ne ha da vendere), ognuno a suo modo.
 Appresa  la sentenza della sua malattia, l’ex-inviato in giro per il mondo a  “fotografare” i grandi avvenimenti della terra riprende le valigie e  parte. Prima prova con la medicina tradizionale a New York: per uno  strano gioco del destino ad accoglierlo come una madre generosa è  proprio la Grande Mela,  simbolo di quell’America che non ama  (“a New York è sempre tempo di svendite”)  e che nostalgia per i caffé di Firenze dove la colazione è un piccolo  rito e non una brodaglia marrone da trangugiare su bicchieri di plastica  mentre si cammina correndo al lavoro. Si affida alla medicina  tradizionale, si fa operare, si fa ricucire, si concede alla  chemioterapia (il principio è semplice, “è come bombardare col napalm  una giungla e distruggere migliaia di alberi per cercare di uccidere  una scimmia appollaiata su una palma”, dice all’infermiera intenta a  preparare il cocktail anti-cancro). Poi si lascia sedurre da un centro  alternativo californiano, ma la magia non dura (tra le pieghe della  spiritualità in vendita sente odore di business). Terzani è  curioso, insaziabile. 
Si  rivolge all’omeopatia (che cura il malato e non la malattia), ma non  gli basta, in fondo non ci crede. Da fiorentino scettico sente tutti i  limiti del “salto nel vuoto”, avverte il pericolo dell’irrazionale. Lui,  curioso e appassionato testimone del suo tempo, lui che ha assistito  alla caduta del muro di Berlino, alla guerra del Vietnam, alla presa di  potere dei comunisti a Saigon; lui, arrestato in Cina per “attività  controrivoluzionarie”,  riprende a viaggiare, negli stessi  luoghi di un tempo, per trovare la sua cura. Barba lunga, fisico  appesantito dalla chemio, testa pelata, attraversa  tutta l’Asia. 
Dall’India  al Tibet, alle Filippine, dialoga con tutti i maghi, i saggi, i santoni  orientali che gli capitano a tiro, prova tutte le medicine alternative,  dalle diete alle erbe, ai digiuni, ai canti sacri, alla meditazione  yoga, all’ayurvedica, al qi gong, alla pranoterapia. Il viaggio è  un’esplorazione interiore intorno alle radici dell’uomo. Un cammino  leggero, mai triste. 
Il libro, che si apre con la notizia del cancro e termina con  l’ultimo ritiro ad Orsigna a pochi mesi dalla morte,  non  conosce la tristezza, non c’è un rigo di struggente nostalgia che per  quello che poteva essere e non è stato. Disincantato e serio, spavaldo e  preoccupato, guascone ed eroico, Terzani continua a vivere le sue  peregrinazioni col piglio dell’inviato speciale, con l’animo del giovane  cronista. 
E la cura diventa solo l’alibi per scavarsi dentro e passare al setaccio le contraddizioni umane: i  millenni  di razionalità che sente sulle spalle non gli permettono di lasciarsi  cullare da un rimedio alternativo, da qualche versetto della Baghavad  Gita, per quanto ben recitato. 
In Oriente non trova la salute  del corpo ma la risposta a una scommessa insolente. Tra le nevi  dell’Himalaya, nel silenzio assordante della natura, quella pace  interiore,  a lungo accarezzata e sempre fino all’ultimo  minacciata dalla frenesia della sua natura, diventa più vicina. L’ultimo  suo ritiro è a Orsigna, sull’Appennino toscano, là, come gli antichi  saggi indiani, Tiziano vive in pace con stesso, ritrova il senso del  vivere e del morire. Sempre con l’occhio vigile del cronista, ma  stavolta senza affanni, senza fretta. 
Si fa davvero fatica a vederlo,  adesso,  conteso nelle hit parade degli autori da best-seller, o intrappolato  nell’utopia del pacifismo arcobaleno. Ma questa è un’altra storia.