Firmino, Sam Savage, Einaudi
Ci sono libri che, per una serie di motivi (che spesso poco hanno a che fare con la letteratura), diventano dei casi letterari. 
Questo accade soprattutto d’estate, quando i lettori stagionali escono dal loro letargo culturale e vagano alla ricerca di qualche buon titolo da sfoggiare sotto l’ombrellone. 
Beninteso, niente di troppo banale ma nemmeno particolarmente impegnativo. 
Ebbene, Firmino è uno di quei libri.
Nel 2008, anno della sua prima edizione italiana (ma l’originale risale al 2006) è stato quel che si definisce un best seller, sulla scia del successo avuto in patria prima e in Spagna poi, e grazie al sapiente lavoro di marketing di Einaudi. Ma, è bene chiarire, Firmino non è un libro facile e per tutti. No. E’ un libro per bibliofili autentici, per “tutti quelli che considerano la lettura e la fantasia il cibo più prezioso per l’anima”, come recita la nota in quarta di copertina (e mai metafora culinaria fu più azzeccata).
Dunque Firmino, un ratto (sì, un ratto) che si ciba di libri per sfamarsi, ben presto scopre un superiore appetito e vi si dedica con grande passione e spirito di sacrificio, iniziando un bizzarro e affascinante percorso di formazione, di innalzamento a una condizione di super umanità che sarebbe, ovviamente, impossibile nella realtà, ma perfettamente plausibile nella letteratura. 
Perchè nella letteratura persino le esistenze più balorde e senza scopo, come quella di Lenny in Uomini e topi, acquistano, per il fatto stesso di trovare posto in una storia, perlomeno la dignità e il senso di rappresentare Esistenze Balorde e Senza Scopo, un’esemplarità consolante insomma.
Nella vita reale non ti è concesso nemmeno questo.
Non è così?
Giulio Crotti


Millennium, Stieg Largson

Un tempo era Il senso di Smilla per la neve; oggi, grazie a Stieg Larsson, è Millennium
Dal danese Peter Høeg all’autore della trilogia più famosa della Svezia oggi i casi editoriali vengono dal Nord Europa (non ultimo L’ipnotista, scritto dalla coppia Alexander Ahndoril e Alexandra Coelho Ahndoril sotto lo pseudonimo di Lars Kepler). A distanza di tredici anni dalle indagini di Smilla, il giornalista e scrittore svedese morto prematuramente, propone tre volumi collegati tra loro che hanno fatto gridare al caso editoriale con circa otto milioni di copie vendute.
Uomini che odiano le donne, La ragazza che giocava con il fuoco e La regina dei castelli di carta: questi i tre titoli di questa storia dalla trama così intricata che viene svelata mano a mano. Una serie di particolari e colpi di scena che l’autore scopre pagina dopo pagina, volume dopo volume.
La trama: il giornalista fascinoso e sciupafemmine Mikael Blomkvist dirige insieme alla sua amica/amante Erika Berger il giornale Millennium. A causa della condanna infertagli per diffamazione Mikael accetta un incarico che lo porterà a conoscere Lisbeth Salander. 
Così inizia il primo romanzo, con un’indagine incentrata su vecchie storie legate all’estrema destra, denaro e affari di famiglia (non a caso Larsson era un esperto di associazioni nenonaziste); la trama si complica nel secondo volume dove a fare da protagonista è Lisbeth con il suo tragico passato che non vuole abbandonarla; nell’ultimo capitolo sarà invece Mikael a dover salvare la ragazza “che odia gli uomini che odiano le donne”. 
Una grande saga familiare, quella di Lisbeth Salander, che si intreccia con la vita di Blomkvist e quella degli altri personaggi che il lettore impara a conoscere in itinere: dalla Berger (e del suo rapporto con il marito e Mikael) passando per Dragan Armanskij e Holger Palmgren (rispettivamente capo ed ex tutore di Lisbeth, dei quali lei si fida ciecamente) fino a Nils Bjurman (attuale tutore) e a tanti altri che è meglio non svelare.
Uomini che odiano le donne diventa quindi una sorta di grande antefatto che inizia a rivelare particolari sempre più definiti che saranno poi i nodi centrali degli altri due volumi (Larsson aveva infatti in mente una storia fatta di dieci volumi dei quali già aveva delineato il quarto e il quinto capitolo). Vera protagonista è questa hacker formidabile dal carattere insondabile con alle spalle un’infanzia tormentata: sarà proprio da lì che i fantasmi torneranno a turbarla, incatenando a loro Mikael, Erika e chiunque si ponga come ostacolo.
Un thriller avvincente che perde un po’ di verve nell’ultimo romanzo ma che tiene per lo più incatenati alle pagine, spinti da una curiosità crescente. 
Se però i colpi di scena che caratterizzano la prima storia sono del tutto inaspettati, quelli del secondo, e ancor più quelli del terzo, giungono con un po’ di aspettative da parte del lettore che intanto ha imparato a conoscere il suo autore.
A fare da padrone una scrittura scorrevole e incessante che passa dal presente al passato, da un luogo ad un altro, permettendo una visuale completa di tutti i personaggi. 
Un linguaggio facile, se non fosse per gli impronunciabili nomi svedesi, riesce a delineare con capacità e sufficiente profondità i personaggi con un’attenzione maggiore (ed ovvia) per i protagonisti.
Tre romanzi da leggere per non sentirsi esclusi (essendo un caso editoriale li hanno letti davvero in molti!) e per gustarsi qualche serata al caldo immaginando la fredda Stoccolma.
Giulio Crotti 


Le perfezioni provvisorie, Gianrico Carofiglio, 2008 Sellerio

Diciamo la verità: i complimenti ci fanno piacere. OK, direte voi. 
Ma che c’entra con l’ultimo best seller di Gianrico Carofiglio? 
C’entra eccome, perché è questo che sento quando leggo i romanzi dello scrittore e senatore barese. È una lettura piacevole, sia chiaro, ma anzi, soprattutto PERCHÉ non si può non provare un neanche troppo sottile compiacimento.
Insomma, come faccio a non trovare simpatico l’avvocato Guido Guerrieri, penalista di sinistra che non difende mafiosi né spacciatori, timido e impacciato con le donne ma non privo di un certo fascino, e infine, dagli ottimi gusti musicali?
Difficile resistere. 
Ed è difficile tuttavia non rimproverare all’autore una volontà troppo manifesta di compiacere il lettore. Più precisamente un certo tipo di lettore.
Peccato tanto più grave ove si consideri la biografia di Carofiglio, e dunque la spiccata autoreferenzialità dell’opera.
Detto questo, ribadisco che la storia si lascia leggere grazie al buon ritmo, nient’affatto compromesso dalle lunghe e frequenti digressioni e descrizioni, che se non sempre sono perfettamente inserite nel contesto, conferiscono al tutto un tono malinconico dal quale è gradevole lasciarsi cullare.
I personaggi, anche quelli secondari, sono ben disegnati e i dialoghi perlopiù credibili, e all’autore va riconosciuta l’indubbia bravura nel trattare gli argomenti per così dire tecnici, cosa nient’affatto scontata.
Ecco, mi piacerebbe che Carofiglio provasse a raccontare una storia con un altro protagonista. 
Che so… un proletario di destra, razzista ed egoista, dedito alla crapula e ben disposto ai compromessi e al denaro facile. 
Insomma, uno veramente antipatico. All’autore prima che a noi. 
E che riuscisse a farcelo amare. 
Questa sì che sarebbe una bella sfida.
Giulio Crotti