I migliori anni

Qual è il tempo migliore della nostra vita? Quello trascorso o quello che deve ancora venire? Un tempo si stava davvero meglio? Piccolo valzer delle nostalgie, in salsa semiseria.



di Cinzia De Luce


C'era questa trasmissione qualche tempo fa su Rai1, condotta da Carlo Conti. 
A parte la discutibilità del titolo (resta da vedere se quelli passati erano davvero anni migliori: adolescenti né carne né pesce arrabbiati senza sapere perché, con dentro la voglia di ribaltare il mondo – ora almeno sappiamo chi siamo, il mondo si è capovolto da sé e quando ci arrabbiamo troviamo qualcuno cui dare la colpa) e a parte l'accostamento a volte raccapricciante delle vecchie glorie con ciò che resta di loro - impietose teche Rai! – il suo grande pregio è stato di far ricordare.
Ricordi legati alle canzoni, fa un po’ tristezza pensare che siano così datate, per noi sono classici (intendo tipo Dire Straits, mica Orietta Berti!) e ai nostri figli magari fanno l’effetto che faceva a noi, alla loro età, sentire Casadei.
Per chi si trova in quella terra di mezzo di non essere né vecchio né giovane, quel che più faceva pensare erano non tanto le canzoni, ma i messaggi del pubblico, i cosiddetti “Noi che...” poi raccolti in un libro il cui ricavato andrà in beneficienza. 
Da queste piccole frasi emerge un’Italia più semplice, pre-tecnologica, che non aveva idea di come, e quanto in fretta, sarebbe cambiata.
Pensando, saltano fuori tanti piccoli particolari in cui la vita era diversa, non dico migliore o peggiore, semplicemente diversa nei ritmi e nel sapore, eravamo così, e ce lo siamo dimenticati.
Così ho ripescato nei ricordi dei miei anni verdi e mi sono ricordata che…
…si andava a scuola di mattina e non tutto il giorno e il pre/post.
…si giocava in cortile per ore e la peggior cosa che poteva capitare era un ginocchio sbucciato.
…andavamo al mare tutti gli anni perché avevamo la fortuna di avere i nonni al Sud.
…tornavamo con la macchina stracarica e viaggiavamo col portapacchi.
…i cartoni animati c’erano di pomeriggio e non alla mattina alle sette.
…l’Uomo Nero lo immaginavamo tutto vestito di nero, non africano.
…la mamma faceva la spesa una volta la settimana, eppure mangiavamo tutti i giorni.
…i negozi erano chiusi di domenica.
…avevamo in casa enciclopedie tipo I Quindici, o Conoscere, e facevamo le ricerche in biblioteca trascrivendo pagine e pagine.
…per cambiare canale ci si alzava dal divano e sul tavolo c’era un centrino all’uncinetto, non sei telecomandi.
…abbiamo imparato dattilografia con la tastiera QZERT e ancora adesso sul computer la dobbiamo guardare.
…facevamo le copie con la carta carbone, oppure andavamo al negozio a fare le fotocopie.
…l’unico frutto esotico era la banana e quando sono arrivati i kiwi credevamo fossero acerbi.
…avevamo un pigiama di fibre talmente sintetiche che faceva le scintille.
…avevamo “amiche di penna” e compravamo graziosissime carte da lettere.
…telefonavamo alle radio locali per i programmi “Dediche e Richieste”.
…per le canzoni preferite compravamo Sorrisi e Canzoni e traducevamo col vocabolario.
…facevamo le compilations registrando dalla radio quando il DJ finiva di parlare, così mancava sempre l’inizio e la fine delle canzoni.
…chi aveva il duplicatore di musicassette “piratava” per tutti gli amici.
…bisognava togliere l’autoradio, che spesso valeva più della macchina.
…mettevamo la lacca per tenere su il ciuffo e le spalline imbottite anche sotto i golfini.
…i ragazzi portavano mocassini coi calzini bianchi, e le Timberland erano uno status-symbol.
…il primo vero Centro Commerciale l’abbiamo visto in Inghilterra.
…facevamo festicciole e non festini.
…il primo telefonino pesava mezzo chilo e parlare costava carissimo, quindi il linguaggio super-abbreviato dei messaggi l’abbiamo inventato noi.
…le mode ci sembrano sempre “ritorni” perché minigonne, vita alta o bassa, Hallo Kitty, fuseaux, zampe d’elefante, pantaloni a sigaretta, scarpe con la zeppa e ballerine le abbiamo viste andare e venire almeno due volte.
…contavamo quanti anni avremmo avuto nel Duemila e ci sembravano tanti.
…guardando indietro ci viene da ridere e guardando avanti ci viene paura.
Però siamo ancora qui, ed è già qualcosa!