Memoria e Identità

L'uomo non è fatto solo della stessa sostanza dei sogni, come scriveva Shakespeare. È anche frutto del suo passato. Che ruolo gioca il ricordo in un percorso costante in cui dobbiamo scegliere cosa conservare e cosa abbandonare? Che peso ha? Domande cruciali...

di Briciolanellatte
http://www.briciolanellatte.splinder.com

C’è una domanda che mi sono spesso posto e che mi ha sempre affascinato: la memoria è la chiave di volta della nostra identità? 
Noi siamo noi perché ricordiamo di esserlo o lo siamo a prescindere dalle tracce che la nostra esistenza ci deposita nella mente sotto forma di esperienza? 
Siamo quello che abbiamo provato attraverso le nostre sensazioni, le passioni, i dolori, o possiamo sostenere che la nostra esistenza è comunque significativa anche se non serbiamo una consapevolezza precisa del nostro passato? 

È una domanda oltremodo complessa, cui ritengo però si possa rispondere nel senso che la memoria è inscindibile dalla nostra individualità. 

È ben vero che io, oggi, sono sempre lo stesso di quando avevo tre anni, vale a dire che quell’io è il mio io di oggi, ma questa certezza non mi dà però la pienezza della mia dimensione, del mio divenire come essere umano, nascondendo e al contempo nullificando la mia maturazione come persona pensante sicuramente esistita in tutti i frangenti intermedi. 
Inoltre i ricordi pilotano il nostro presente. 
Ci rendono diffidenti o fiduciosi, ci spingono tra le braccia di nuove esperienze o ci confinano paurosi nel nostro orticello conosciuto, ci aiutano a superare difficoltà note o ci fanno naufragare nella melanconica depressione di trascorsi ingombranti. 

Certo, è possibile sapere di esistere anche senza ricordarsi quello che siamo stati, ed essere comunque consapevoli di essere infinitamente diversi da tutte le altre persone di questo mondo, ma questo ci porta a non sapere quanto siamo diversi dagli altri e perché, in particolare, siamo unici non tanto dal punto di vista genetico, quanto per noi stessi. 
Il nostro passato contestualizza il modo di vivere il nostro oggi. 
Ogni nostro gesto o decisione o sentimento si radica nella prospettiva dei nostri ieri ma in rapporto al nostro presente caricando ogni atteggiamento o ogni pulsione attuale del significato che gli è proprio e che deve avere perché siamo noi, per quello che ci ricordiamo di essere stati, a volerglielo dare. 
La consapevolezza delle nostre decisioni viene infatti da lontano, dai nostri sogni, dalle vibrazioni per le nostre emozioni, dagli errori commessi e dalle soddisfazioni ottenute e generate da quando ci siamo accorti di esistere. 

Si costruisce il sé, tutti i giorni, accumulando tesori e ricchezze esperenziali dovute alla comparazione, alla riflessione, alla distinzione tra risultati ed eventi, tra idee e convinzioni. 
Ci portiamo nella nostra memoria il prodotto di noi stessi in una stratificazione densa della nostra essenza che ci garantisce la profondità del nostro vivere. 

Ma la memoria non è solo ricordo. 
È la scelta (volontaria o meno) di serbare il ricordo. 
La memoria è, infatti, quanto sopravvive in noi stessi all’oblio. 
Ci si può dimenticare per volontà, per difesa e anche per patologia, ma ciò che ci resta e non si vuole o non si riesce a dimenticare rimane conficcato come un chiodo nella parete della nostra consapevolezza. 
Se si ricordasse ogni cosa, senza possibilità di dimenticare, come il Funes el memorioso di Borges, non si avrebbe allora alcuna selezione mnemonica, tutto sarebbe presente, ma nulla in fondo sarebbe ricordato. 
La memoria invece fa la cernita, filtra, distilla, coglie spezzoni di vita, fotogrammi slegati gli uni dagli altri ma inanellati gli uni con gli altri dalla nostra umanità contribuendo a costruire l’immagine mentale che noi abbiamo della nostra anima. 
La memoria ci dà allora la possibilità di coesistere con noi stessi, ci permette di appartenerci, di essere giudici spietati, ma anche consolatori indulgenti e pietosi, ci aiuta a conoscerci e riconoscerci nelle nostre debolezze, nelle nostre virtù e miserie costruendo una strada comune e condivisa nel territorio inesplorato del nostro io. 

La memoria è dunque equilibrio (o disequilibrio) tra ricordo e smemoratezza, tra dimenticanza e rimembranza, tra ciò che la nostra mente vuole portare con sé e ciò che ha deciso invece di buttare giù nel baratro dell’oblio. 
In mezzo c’è il ponte della nostra identità.