Suggestioni moderne

Generations of love è un cult degli ultimi anni. Forse perché tratta di eventi legati al quotidiano, alla provincia, all'essere gay nel mondo contemporaneo. Certo è che Matteo B. Bianchi, il suo autore, adesso vive di questo mestiere. Ma, non contento, fa anche radio e televisione, giocando con le parole su più registri. L'intervista.

di Ettore Luttazi
ettoreluttazi@mybox.it
www.conlalente.splinder.com

Matteo B. Bianchi è l’autore di Generations of Love , un libro cult degli ultimi anni.
Ha iniziato giovanissimo a scrivere racconti e romanzi, poi è passato anche alla radio e alla tv con Dispenser e Very Victoria il programma condotto da Victoria Cabello su Mtv.
E non si è fatto mancare neanche l’esperienza con la rete visto che ha un sito, un blog e Tina una rivista online.
Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per scoprire cosa vuol dire essere un scrittore contemporaneo a tutto tondo.

Oggi sei un scrittore conosciuto da tutti, nonostante tu sia molto giovane. Ci racconti i tuoi esordi come autore? Cosa ti ha spinto a scrivere?
Devo ammettere che ho iniziato a scrivere giovanissimo. A undici anni ero un appassionato di gialli Mondadori che all’epoca uscivano con una frequenza mensile o, se non erro, addirittura quindicinale. Io li compravo tutti, li divoravo e quindi la mia prima esperienza è stata come autore di gialli per ragazzi che poi diffondevo tra i miei compagni delle scuole medie. Ma a quei tempi ancora non pensavo di diventare uno scrittore professionista. Ho preso coscienza di ciò nei primi anni di Università quando mi sono avvicinato agli autori del Minimalismo americano come David Leavitt, o a Pier Vittorio Tondelli unico italiano in quel genere, autori che sentivo molto vicini al mio modo di essere, a ciò che provavo.
Così sono nati i miei primi racconti. Credo di essere stato un unicum perché ho pubblicato il mio primo libro senza averlo pronto nel cassetto, pubblicato con la Stampa Alternativa, quella dei famosi libri a mille lire che ebbero una grandissima diffusione tra i giovani.
Io avevo appena finito il servizio civile in un centro per bambini psicotici e scrissi alla Stampa Alternativa proponendo un rapporto su questa mia esperienza. In realtà avevo scritto solo due pagine, ma fui contattato dal direttore editoriale Marcello Baraghini intenzionato a pubblicare tutto il memoriale. E quindi nacque la mia prima opera un racconto di 60 pagine intitolata Non si può mica fare il bagno con queste troie di onde.

Da quella prima esperienza ad oggi hai scritto di tutto, romanzi, racconti, programmi radiofonici e televisivi, fanzine e riviste online. Ti sei misurato con la scrittura in contesti diversi e quindi con diversi registri. A quale di questi contesti sei più legato e perché?
Sicuramente sono legato in maniera preponderante alla narrativa. Oggi scrivere è il mio lavoro. Io ho una produzione letteraria anche poco frequente rispetto ad altri miei colleghi. Pubblico un libro ogni due o tre anni, magari altri ne sfornano uno ogni anno. Però scrivo tutti i giorni in altri contesti e questo è dovuto da un lato a un’esigenza pratica perchè lo faccio per vivere, dall’altro a una mia forma mentale.
Ho bisogno di misurarmi continuamente con nuove esperienze, di partecipare a nuovi progetti affrontando nuove tematiche. Questo poi influisce anche sulla mia produzione letteraria. A volte sono esperienze positive, a volte no.
Per esempio quando si scrive per la tv devi collaborare con altre figure professionali, con altri autori, quindi diventa un lavoro di gruppo dove magari bisogna sacrificare alcune idee personali, però si impara molto anche da quello.

Generations of Love oggi è un cult ed è l’opera che ti ha dato maggiore popolarità.
Quale è stato il segreto del suo successo?
L’assoluta normalità del libro, e in parte ne ero consapevole.
L’ho scritto sapendo che mancava un libro che trattasse la tematica omosessuale in questo modo, lontano dagli aspetti eclatanti. E questo suo carattere è stato l’elemento vincente, perché è un romanzo che si pone come paradigma di un gay di provincia e parla in termini così normali, con una serie di riferimenti molto popolari, anche televisivi come la figura di Wanna Marchi per mia generazione.
Tutti elementi che hanno tolto la drammaticità al tema inserendolo in un contesto quotidiano e raccontandolo con una assoluta normalità. E infatti è un libro che ha spopolato anche tra i lettori eterosessuali, credo proprio per questa sua natura.

E tra tutte le tue opere, a quale sei più legato e perché?
Senza dubbio a Generations of love semplicemente perché è la storia della mia vita e quindi ho con questo romanzo un rapporto affettivo diverso.
Pubblicarlo è stato difficile anche perché mi esponevo in prima persona.
Tra tutto il resto sono molto fiero di Dispenser, una trasmissione radiofonica di Radio 2 Rai che mi ha dato grandi soddisfazioni perché grazie ai suoi contenuti e alla sua impostazione è diventata un cult e ha portato in radio delle belle innovazioni .

Parliamo di web. Tu hai un sito personale, un blog, una pagina su myspace e una rivista letteraria, Tina. Quanto è importante la Rete? E come la usa un autore per promuovere il proprio lavoro?
Per promuovere il proprio lavoro non so. Credo che solo il sito possa considerarsi una vetrina promozionale. Un luogo dove i lettori vanno per sapere meglio chi sono dopo aver letto i miei libri. Il blog e la rivista sono piuttosto una pagina di dialogo tra me e i lettori che già mi conoscono e dei lettori fra loro.

Ho letto che quando hai creato il blog, nel gennaio 2005, eri titubante proprio perché non eri interessato a diventare una blogstar e a preoccuparti delle visite. Oggi cosa ne pensi? E poi ho scoperto che alcuni lettori si sono incontrati e poi fidanzati grazie al tuo blog, lo sapevi?
Come dicevo prima il blog è una pagina di dialogo tra me e i miei lettori e tra loro.
Molti lo usano per affermarsi personalmente, io dico sempre che sono un blogger atipico e solo oggi ho sviluppato la consapevolezza di quello che è per me il mio blog.
All’inizio ero condizionato dal modo che hanno gli altri di vivere e gestire un blog, con il tempo ho trovato la mia dimensione nel gestire questo spazio. A volte ho dei problemi con i commenti, perché spesso ci sono commenti fuori luogo e sempre lasciati da persone anonime, li lascio perché fa parte del sistema, li ho cancellati raramente perché li trovavo davvero volgari o comunque non consoni al contesto.
Non sapevo che sul mio blog fossero nate delle storie, ma la cosa può farmi solo piacere anche perché testimonia che è un luogo d’incontro tra i mei lettori, proprio come volevo che fosse.

E sempre a proposito di web come è nata Tina, la tua rivista letteraria online?
Tina è nata come rivista cartacea autoprodotta, perché io sono sempre stato un fanatico sostenitore della fanzines che con l’avvento del web vanno scomparendo.
Questo è normale e infatti anche Tina è passata sul web anche molto precocemente, ma io rimango un appassionato del cartaceo, del tangibile.
È nata perché avevo molti racconti di miei amici che non si conoscevano tra loro e quindi ho pensato che potevano essere raccolti e pubblicati. All’inizio feci dodici copie, poi la tiratura si è allargata a cinquanta copie con una frequenza di tre o quattro numeri all’anno, e questo perché io lavoravo in un’agenzia pubblicitario e facevo le fotocopie in ufficio.
Quando ho smesso di lavorare in agenzia e non avevo più la possibilità di sfruttare la fotocopiatrice una mia amica, che si chiama Laura Biagiotti come la stilista, mi confidò di saper creare siti internet e quindi c’è stato il passaggio sul web con un certo anticipo sui tempi.
Era il 1995.
Abbiamo fatto delle scelte molto particolari, per esempio non c’è mai stato un contatore, o meglio ce n’è uno che segna sempre che sei il primo visitatore, e a distanza di anni la gente ancora ci crede e manda delle e mail per sapere cosa comporta esser il primo visitatore. L’ho fatto perchè a me non interessa affatto sapere quante sono le persone che la leggono, mi basta diffonderla e sapere che c’è.

Per concludere quali sono i tuoi lavori in corso e quali i progetti per il futuro?

Sto scrivendo un nuovo romanzo che credo di pubblicare l’anno prossimo e sto lavorando a un dizionario che raccoglierà le definizioni scritte da 300 grandi autori italiani, solo per citarne alcuni Andrea Camilleri, Erri De Luca, Lidia Ravera ecc.
Si tratta di un dizionario con una selezione di voci fatta da questi autori, un progetto molto impegnativo che rappresenta un po’ l’evoluzione di Tina.

Allora in bocca al lupo per tutti i tuoi progetti e grazie ancora per la disponibilità.


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