Quando la parola si fa film

La scrittura non è solo destinata a diventare libro. C'è anche il cinema, che impone alla prosa i suoi ritmi e i suoi tempi. Con i dialoghi che diventano fondamentali. 
Aaron Sorkin è uno sceneggiatore che, a questo proposito, la sa lunga. Alle battute dei suoi protagonisti sono affidate riflessioni e contraddizioni dell'America contemporanea. È nelle sale il suo ultimo film, La guerra di Charlie Wilson... 

di Kusanagi
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Quando si tratta di parlare di uno scrittore si finisce spesso per parlare anche del suo stile, delle sue tematiche, dei suoi tic e delle sue ossessioni, nonché del suo personale punto di vista sul mondo e della sua capacità di influenzare quello dei suoi lettori.
E se si trattasse di uno scrittore di libri, di un professore universitario, o di un saggista, tutto questo sarebbe probabilmente nella norma, ma parlando di un' autore di film e serial televisivi, tutto diventa più insolito. 

Si parla molto della televisione come cattiva maestra, come mezzo utilizzato da politici e multinazionali senza scrupoli solo per abbassare il livello intellettuale e per creare consenso, ed in parte purtroppo è vero.
Ma per fortuna ci sono alcune eccezioni, e una di queste è Aaron Sorkin.

Con il suo caratteristico modo di rappresentare la realtà, nelle serie televisive come nei film da lui scritti, risulta evidente che lo scopo di Sorkin non è puramente quello di intrattenere, anche se ci riesce molto bene, in un modo che ricorda molto da vicino la Hollywood classica, quella dei tempi d'oro di Frank Capra e di James Stewart, o di Spencer Tracy e Katharine Hepburn. 

Perché il suo intento è anche quello di aiutare lo spettatore a comprendere meglio il mondo in cui viviamo, informandolo ed educandolo senza mai risultare pedante, predicatorio o scontato.
E non è cosa da poco.

Sia nel suo primo lavoro teatrale, A few good men, dapprima commedia di successo a Broadway, e poi pellicola altrettanto fortunata da lui stesso adattata per il grande schermo e nota in Italia con il titolo di Codice d'onore, che nel successivo film The American President, (Il Presidente AmericanoUna storia d’amore), Sorkin aveva già messo in mostra le sue doti di creatore di dialoghi incalzanti e coinvolgenti, di personaggi ben costruiti e profondamente umani, alle cui vicende risulta molto facile appassionarsi.
E poco importa che i protagonisti delle sue storie siano giornalisti sportivi, lobbisti, politicanti, avvocati o commedianti, perché è sufficiente saper tessere trame e situazioni che intreccino abilmente realismo e idealismo, commedia e tragedia, pubblico e privato, per riuscire a esser contemporaneamente motivo d’intrattenimento e fonte di riflessione e d'ispirazione per il pubblico che le guarda.

In entrambe le sceneggiature, Sorkin mette da subito in mostra la sua peculiare capacità di riuscire a costruire sia dialoghi brillanti e ben argomentati che monologhi dal respiro classico, convincenti e trascinanti emotivamente.
Basti ricordare il raffinato duello verbale a cui danno voce ed anima Tom Cruise e un maiuscolo Jack Nicholson nel climax finale di A Few Good Men e il conseguente pezzo di bravura dello stesso Nicholson, in un assolo che andrebbe fatto studiare nelle classi per chiarire cosa significa NON essere democratici, un monologo che comincia con una battuta, “You can’t handle the truth”, entrata di diritto tra le migliori della storia del cinema:

“-Tu non puoi reggere la verità!!! -.
Figliolo, viviamo in un mondo pieno di muri,
e quei muri devono essere sorvegliati da uomini col fucile.
Chi lo fa questo lavoro, tu ?!?!?
Io ho responsabilità più grandi di quello che voi possiate mai intuire.
Voi piangete per Santiago e maledite i marines.
Potete permettervi questo lusso, vi permettete il lusso di non sapere quello che so io,
che la morte di Santiago, nella sua tragicità, probabilmente ha salvato delle vite umane.
[…]
Voi non volete la verità, perchè nei vostri desideri più profondi, quelli che in società non si nominano, voi mi volete su quel muro.
Io vi servo in cima a quel muro.
[…]
Io non ho né il tempo, né la voglia di venire qui a spiegare me stesso
a un uomo che passa la sua vita a dormire sotto la coperta di quella libertà
che io gli fornisco e poi contesta il modo in cui gliela fornisco.
Preferirei che mi dicesse, la ringrazio, e se ne andasse per la sua strada.
Altrimenti gli suggerirei di prendere un fucile e di mettersi di sentinella.
In un modo o nell'altro io me ne sbatto altamente
di quelli che lei ritiene siano i suoi diritti.”

O l’altrettanto ispirato discorso che tiene dalla sala stampa della Casa Bianca il presidente democratico e liberal di The American President , interpretato da Michael Douglas, con cui apostrofa il suo avversario repubblicano Bob Ransom, che lo ha accusato di esser antipatriottico perché iscritto a un’associazione per i diritti civili, i cui membri durante una manifestazione hanno dato fuoco alla bandiera statunitense in segno di protesta.
Un discorso che, al di là delle convinzioni politiche di ognuno e dell’inevitabile retorica “elettorale”, è una delle più calzanti definizioni di democrazia che si sia sentita al cinema in tempi recenti:

“L’America non è facile, l’America è di un avanzato civismo, dovete volerla fortemente, perché vi farà combattere.
Vi dirà: vuoi la libertà di parola ?
Vediamo se accetti un uomo le cui parole ti fanno ribollire il sangue, che si piazza al centro della scena sostenendo con quanto fiato ha nei polmoni quello contro cui passeresti una vita ad opporti con quanto fiato hai nei polmoni.
Vuoi sostenere che questa è la terra dei liberi ?
Allora il simbolo del tuo paese non può essere solamente una bandiera, il simbolo deve anche essere uno dei suoi cittadini che esercita il suo diritto di bruciare quella bandiera per protesta.
Perciò mostrami questo, difendi questo, esalta questo nelle tue scuole, e solo allora potrai alzarti in piedi e cantare della terra dei liberi.”

Come si può dedurre dai due esempi appena citati , la retorica e la dialettica sono le basi classiche di quello potremmo chiamare il “metodo Sorkin” perché come da lui stesso affermato nel corso di un’intervista sullo scrivere:

“È più facile scrivere quando in una stanza ci sono due personaggi che non sono d'accordo, può anche essere sull'ora o sul tempo che fa, ma non devono esser d'accordo e ognuno di loro deve avere una buona ragione .”

A tal proposito va sottolineato il fatto che il termine retorica nel caso della scrittura di Sorkin, come per altri autori del cinema contemporaneo (viene in mente su tutti il Robert Redford di Leoni per Agnelli), va inteso non nell’accezione negativa del termine che ha nell’uso corrente, ovvero un discorso vuoto e inutilmente pomposo, ma nell’uso proprio in cui lo intendevano i classici.
Perché la retorica, nella sua accezione originale, quella che gli attribuivano greci e latini, culture da cui noi europei proveniamo e che dovremmo ben conoscere, è “l'arte di saper parlare bene e di strutturare nella forma più convincente e persuasiva un discorso, esaltando i propri punti di vista e disprezzando quelli altrui.” 

E ancora più calzante è il significato che le attribuiva il filosofo Platone, che alla retorica, insieme alla dialettica, attribuiva una funzione eminentemente pedagogica, quale strumento in grado di guidare l'anima attraverso argomentazioni e ragionamenti.



Malgrado i successi già conquistati a teatro e sul grande schermo, il talento di Aaron Sorkin come scrittore trova proprio nel formato del serial televisivo la più completa e libera espressione, dapprima in SportsNight e poi in The West Wing, da molti considerato il suo capolavoro, sia per la varietà che per la profondità delle tematiche trattate e per la brillantezza dei dialoghi, grazie anche all’eccezionale cast sia dietro che davanti alla macchina da presa , per concludere infine con la sua ultima sfortunata creatura, Studio 60 on the Sunset Strip, prematuramente cancellata dalla NBC dopo una sola stagione.

Prodotti che si caratterizzano tutti per avere una struttura e un cast estremamente funzionale agli scopi dell’autore, molto articolato e tra i più ricchi che si siano mai visti in una serie televisiva, composto da personaggi che come elementi di un’orchestra durante una sinfonia a volte duettano, a volte fanno degli assolo e a volte si riuniscono coralmente in un’unica voce.

Una simile concezione di spettacolo trova la sua ideale realizzazione in ambientazioni come quelle del backstage di un notiziario sportivo di un’emittente televisiva, come in Sportsnight, dove ci sono da un lato due solisti, ovvero i presentatori, un'orchestra con un direttore, ovvero i tecnici di studio e il regista, e un impresario teatrale, che viene rappresentato dal direttore della rete.

Una struttura replicata in maniera analoga nella Casa Bianca di The West Wing, dove però tutto si complica, e quindi a più voci soliste, ovvero i responsabili dei servizi principali come il capo dello staff Leo McGarry, il capo della comunicazioni Toby Ziegler, la portavoce stampa C.J. Cregg e il presidente Jed Bartlett, si aggiungono molteplici duetti, come quello tra il presidente stesso e il suo capo dello staff, o quello tra il capo delle comunicazioni e il suo assistente Sam Seabourn, o quello tra il vice capo del personale Josh Lyman e la sua segretaria Doni Moss, ognuno dei quali ha una precisa motivazione e dei temi ricorrenti, funzionali ai fini della narrazione nonché dello sviluppo dei personaggi.

Un ambiente molto più variegato e ricco rispetto a quello del serial precedente a cui corrispondono interscambi e dinamiche tra i differenti caratteri più complesse e articolate, che danno la possibilità all’autore e di conseguenza allo spettatore di esplorare le sfumature dei vari personaggi, senza mai compromettere la coesione dell’insieme.
Anzi, le singole voci risultano nel processo esaltate secondo il preciso ruolo a loro assegnato, con azioni corali che poi si concretizzano nel finale del singolo episodio o dell’arco di una storia sviluppata su più episodi, in cui ogni voce finisce per divenire un’indispensabile tassello per la riuscita della sinfonia.

La metafora musicale non è affatto casuale, perchè la musicalità degli scritti è un elemento caratteristico dello stile Sorkin, quasi un suo marchio di fabbrica, sempre presente nel suo modo di scrivere e reso esplicito in storie come Noel, punteggiato da carole natalizie e dalla musica di Bach.
O come in Somebody's going to emergency, somebody's going to jail, che deve il titolo ad un verso della canzone degli Eagles New York Minute, brano che segna il tono e il ritmo della vicenda narrata nell’episodio, o in Two Cathedral, episodio che chiude l’arco di storie nel finale della seconda stagione, con un climax emotivo efficacemente sottolineato dalla toccanti note di Brothers in Arms dei Dire Straits.

In Noel, in particolare, la musica ha un ruolo determinante, dal momento che diviene attivamente il motore della storia, che vede come protagonista Josh Lyman, vice capo del personale, il quale soffre di un disturbo da stress post-traumatico dopo esser stato ferito durante l’attentato al presidente.
Un disturbo che si manifesta proprio a causa del suono della musica natalizia, mentre la crisi più acuta ha luogo durante un concerto tenuto al party di Natale dal celebre violoncellista cinese Yo-Yo Ma, durante l'esecuzione della Suite n.1 di Johann Sebastian Bach.

Un’altro dei tratti tipici della scrittura di Sorkin è l’utilizzo di citazioni e aneddoti a sostegno di tesi o in funzione esplicativa di una situazione, una tecnica di cui quello che segue, tratto sempre dal racconto Noel, è uno dei più riusciti esempi per la sua capacità di trasmettere il messaggio dell’autore, fotografare una situazione ed al contempo di “muovere l’animo” dello spettatore:

“Un tizio cammina per la strada e cade in una buca, le pareti sono ripide e lui non riesce ad uscire .
Passa di lì un dottore e il tizio si mette ad urlare: -Ehi Lei, può aiutarmi ?-
Il dottore scrive una ricetta, la lancia al tizio nella buca, e poi se ne va
Poi passa di lì un prete, e il tizio gli urla:
-Padre, sono caduto in questa buca, può aiutarmi?-
Il prete scrive una preghiera, la lancia al tizio nella buca e se ne va.
Poi passa di lì un'amico: -Ehi Joe, sono qui, devi aiutarmi.-
E l'amico salta nella buca.
Allora il tizio dice: -Ma sei stupido? Ora siamo qui dentro tutti e due! -
E l'amico risponde: -Sì ma io c'ero già caduto e so come uscirne-.”

Aneddoti e citazioni che attingono di volta in volta dalla saggezza popolare, come in questo caso, o dalla cultura ebraica, che tanta parte ha nella società statunitense, basti pensare solo alla fondamentale influenza di personaggi come Woody Allen per il cinema, o di Lee Strasberg per il teatro.
O dalla cultura cattolica, in omaggio alla fede del presidente Bartlett, che ama citare la Bibbia, sia per confutare le strumentalizzazioni delle sacre scritture da parte dei fondamentalisti della destra cristiana, sia per attingere saggezza da un testo che può esser d’ispirazione anche per chi non lo considera un testo sacro.
O ancora dalla cultura americana, dalle sue tradizioni e dalla Costituzione, di cui Sorkin tramite la finzione si fa divulgatore e sostenitore rivelando in ogni sua opera il profondo amore per il suo paese e il suo attaccamento ai valori dei padri fondatori della nazione, valori come equità sociale, uguaglianza di fronte alla legge e libertà di pensiero e di parola.

Valori che lui ha contribuito a sostenere e diffondere, e per cui è ben disposto anche a combattere nell’unica maniera che conosce , ovvero scrivendo, come dimostra chiaramente attraverso le sue ultime opere, ovvero la sceneggiatura del film La guerra di Charlie Wilson, ora nelle sale italiane, e la serie televisiva Studio 60 on the sunset Strip, ancora inedita in Italia, ma già cancellata dopo appena una stagione negli Stati Uniti.

Lavori entrambi accomunati dalla stessa volontà di denuncia del malessere profondo della società statunitense, sia che si tratti, come ne La Guerra di Charlie Wilson, degli errori di una politica estera spesso superficiale e a dir poco avventurosa, incurante delle conseguenze spesso gravi che essa provoca, o della critica all’asservimento sempre maggiore dei media statunitensi (e non solo…) al potere economico-politico e all’influenza di gruppi religiosi fondamentalisti, come in Studio 60 on the Sunset Strip.

Ci piace concludere questo tributo ad Aaron Sorkin con le parole che mette in bocca a Josh Lyman in Isacco e Ismaele , l’episodio speciale di The West Wing andato in onda a pochi giorni dall’11 settembre, realizzato appositamente da Sorkin per cercare di analizzare, a caldo, un’ evento così importante nella storia statunitense e in quella mondiale.
Un episodio in cui egli, in un momento così drammatico per la nazione, ebbe il coraggio di invitare il pubblico americano alla calma, al ragionamento e alla riflessione, mentre tutti cercavano solo un colpevole da accusare, e che non a caso fu attaccato dalla stampa per esser stato troppo “soft on terrorism”, troppo poco schierato e imparziale in un momento così delicato.

Parole, le sue, rivolte ai cittadini per metterli in guardia dai nemici del paese, sia da quelli esterni, ma anche e soprattutto da quelli interni, ovvero da coloro che in nome di una patriottismo di facciata violarono e tuttora violano i valori fondanti di una nazione nata su un principio di libertà e di uguaglianza, parole che dovrebbero echeggiare, sempre, nella coscienza di ognuno di noi.

“Divertitevi, fate la corte alle ragazze, imparate,
comportatevi a dovere, leggete i giornali, andate a ballare, leggete libri.
Nel frattempo, non dimenticate il pluralismo.
Volete prenderli veramente?
Volete davvero andare a casa loro e ucciderli?
E’ questo che volete?
Allora abbracciate una moltitudine di idee.
Questo li farà impazzire.”


Filmografia essenziale (come sceneggiatore)

1992 - Codice d’Onore (A Few Good Men), di Rob Reiner.
1995 - Il Presidente. Una storia d’amore (The American President), di Rob Reiner
2007 – La guerra di Charlie Wilson (Charlie Wilson’s War), di Mike Nichols,
adattamento dall’omonimo romanzo di George Crile

Serie TV

1998-1999 Sports Night
1999-2003 The West Wing
2006-2007 Studio 60 on the Sunset Strip

Riferimenti ad episodi

The West Wing
Ep. 2.8 Noel
Ep. 2.16 Somebody’s going to Emergency, Somebody’s going to Jail
Ep. 2.22 Two Cathedral
Ep. 3.0 Isaac and Ishmael