Blogosfere politiche

Due interviste a chi ha capito subito che la rete poteva diffondere le idee e fare informazione. Tocqueville, coordinata da Andrea Mancia, è un aggregatore di blog di area liberale, in costante crescita; l'altro aggregatore, Blog per la Margherita, è coordinato da Francesco Soro. Due esempi brillanti...

di Lorenzo Bianchi


Il blog e la politica. Come questi due aspetti della vita quotidiana si compenetrano e si influenzano? Abbiamo deciso di intervistare due blogger politici. Tutti e due giovani, appassionati, e grandi comunicatori. Andrea Mancia, insieme al gruppo di Ideazione, è stato l’inventore di TocqueVille, un aggregatore di area centrodestra. Francesco Soro è invece attivo sull’altro schieramento, quello di centro sinistra. Coordina, insieme ad altri, Blog per la Margherita. Entrambi, a parte le dovute divergenze di pensiero, hanno una cosa in comune: credono nella comunicazione al tempo del web. E credono nella rete come luogo di informazione. A patto che sia utilizzata in certo modo, e che possa essere un terreno fertile per la libertà di parola e di espressione. Entrambi, infatti, lottano contro l’immobilismo di una certa parte del mondo politico, che forse non ha ancora capito l’importanza della comunicazione orizzontale con la gente….
Ecco le interviste.



TocqueVille, la città dei liberi.
Conversazione con Andrea Mancia


Cominciamo con i cenni personali. Raccontaci i tuoi primi passi nel giornalismo.

Ho iniziato facendo giornalismo tradizionale all’Opinione nel 1992, dove sono andato appena finito l’università. All’epoca era un settimanale ed era l’organo ufficiale del partito liberale. Come tutti i partiti piccoli della prima Repubblica siamo stati travolti da Tangentopoli, anche se le responsabilità erano limitate, rispetto ad altri partiti. Poi arrivò Arturo Diaconale, che aveva sempre accarezzato l’idea di trasformare il giornale in un quotidiano, cosa che ha fatto quando ne ha acquisito la proprietà e il partito liberale si è dissolto. Mi sono occupato di cultura, esteri, politica, cronaca giudiziaria.

Avrai avuto un superlavoro durante Tangentopoli...

Si, c’è stato un momento in cui lavoravamo molto.

E le tue prime esperienze sul web?

Sempre all’Opinione. Abbiamo deciso di realizzare un quotidiano totalmente online, in un momento in cui i direttori non vedevano di buon occhio l’orizzonte del web, pensando che provocasse chissà quali catastrofi editoriali.

E la tua passione verso questa nuova frontiera? Lungimiranza, sfida professionale o cosa?

Sfida professionale non proprio. Semmai più una bizzarria personale, visto che in quel momento al web non ci credeva nessuno. Non bisogna dimenticare che appartengo a una generazione educata con i mass-media, e che ha scoperto solo a una certa età i personal media. Io ho sempre avuto una grande passione per il Pc, l’ho scoperto quasi subito ed è diventato uno strumento importantissimo della mia vita professionale. Quando esplose internet, bastava avere solo un po' di buon senso per accorgersi della portata del fenomeno, potevi ignorarlo solo se, deliberatamente o per ignoranza, nel senso non offensivo del termine, chiudevi gli occhi. Più che intuire, ho sperimentato andando incontro alle mie predilezioni personali. E piano piano se ne sono accorti tutti.

TocqueVille, la città dei liberi. Come ti è venuta questa idea?

Nasce in contemporanea con l’esplosione dei blog in Italia. Personalmente mi sono avvicinato ai blog seguendo per motivi professionali la campagna elettorale di mid-term negli Stati Uniti nel 2002. All’epoca lavoravo a Ideazione e non avevo la possibilità di seguire l’evento sul posto. E ho capito che la blogosfera, soprattutto quella politica e d’informazione stava diventando un terreno di battaglia fortissimo per i due schieramenti. Questa sensazione si è accentuata moltissimo durante le presidenziali del 2004, che ho seguito sul luogo. E mi sono reso conto che la blogosfera di destra, diciamo, sintetizzando, di stampo liberal-conservatore, aveva un ruolo pari se non superiore rispetto alla corrispettiva di sinistra nonostante fosse meno popolata. Due casi per tutti: il primo quello degli Swift Boat Veterans for Truth, un gruppo di ex veterani della guerra del Vietnam, che iniziò a dubitare fortemente delle credenziali di eroe di guerra di John Kerry. Fecero un paio di pubblicità che però le reti tradizionali si rifiutarono di trasmettere. Uno di loro, che aveva condiviso lo stesso squadrone di Kerry, scrisse un libro molto dettagliato. La blogosfera di destra riuscì a salvare tutto questo dall’oblio, perché la reazione di Kerry e del suo staff fu quella di ignorare le accuse che li venivano mosse, contando sul fatto che il grosso della stampa americana era schierata soprattutto con lui, e aveva interesse a far scomparire la vicenda. Il blog di destra ebbe un ruolo importantissimo nel tenere viva la notizia fino a quando non arrivò a una massa critica di informazione che la stampa non poteva più ignorare. Aiutata da un alcuni media tradizionali come Fox News, il caso esplose e gli analisti hanno calcolato che questa vicenda è costata almeno un paio di punti percentuali su tutto il territorio nazionale nella campagna elettorale di Kerry, che probabilmente avrebbero potuto capovolgere l’esito delle elezioni. L’altro fatto clamoroso che ho seguito fin dal momento in cui è esploso, e l’ho accompagnato in tutto il suo iter, nonostante in Italia abbia attecchito solo su Ideazione e pochi altri giornali, è stato il Rathergate: una trasmissione ad altissimo tasso di affidabilità negli Stati Uniti, 60 minutes, trasmessa da Cbs, che per colpa di un produttore esecutivo sostenitore di Kerry, si inventò una storia su Bush e sul fatto che avesse ricevuto trattamenti di favore dalla Naja durante la guerra del Vietnam, grazie alle amicizie personali. E falsificando dei documenti, Dan Rather andò in prima serata sperando di fare il maggior danno possibile a Bush. In questo caso la blogosfera americana fece quello che un blogger deve fare: dubitare dell’informazione ufficiale, verificare le fonti su cui si poggia, e nel caso compiere tutti i passi necessari per compiere il debunking, come si dice in inglese. Questa è stata una storia incredibile che ha portato alle dimissioni del produttore esecutivo e di Dan Rather. Quest’ultimo è stato uno degli anchorman più famosi della stampa americana, un democratico texano, un personaggio affascinante anche per la destra. La blogosfera americana ha fatto un lavoro straordinario, che personalmente mi ha fatto aprire gli occhi sulle potenzialità costruttive e distruttive che poteva avere l’infrastruttura blog sul mondo politico, ma soprattutto dell’informazione. Quando sono tornato in Italia, ho cercato di capire se nel nostro paese c’era un fermento paragonabile a quello che avevo visto nella blogosfera statunitense sia a destra che a sinistra, e mi sono reso conto che qualcosa c’era, tra cui delle punte di informazione molto interessanti, persone che avrebbero voluto fare i giornalisti ma non trovavano sbocco sui mass media o che facevano tutt’altro, ma si dilettavano con l’informazione. Tuttavia erano realtà frammentate. Non avevano un network in grado di potenziare la loro qualità. E ci siamo chiesti con Ideazione se non fosse il caso di cominciare a costruire un’infrastruttura per vedere se riuscivamo a creare una massa critica sufficiente per attrarre anche le altre schegge della galassia immensa dell’informazione e della politica italiana e aggregarli tra loro. Abbiamo iniziato quasi per gioco. Uno dei nostri blogger di riferimento ha fatto una lista delle persone che avrebbero potuto entrare nel network: 50, 100 poi 200 blog e abbiamo iniziato a capire che c’era un mercato inesplorato. Abbiamo provato a costruire un software in grado di aggregare le idee che venivano prodotte da questa parte negletta della blogosfera, che non aveva la stampa di Beppe Grillo, i ritorni mediatici di Luttazzi o di Di Pietro, ma che viveva allo stato brado. Il successo del network è stato incredibile aldilà di ogni previsione, anche in senso negativo, perché abbiamo costruito una cosa che cresceva a ritmi altissimi. Ideazione era una struttura redazionale costruita per un bimestrale su carta e un piccolo sito internet, non poteva gestire il network. Dopo un anno e mezzo abbiamo deciso di renderlo autonomo dalla casa madre e iniziare a farlo gestire spontaneamente da volontari, che a turno mettono a disposizione il loro tempo, per selezionare l’enorme massa di post che vengono aggregati dal software e allocarli nelle diverse sezioni, scegliendo quelli che secondo il loro insindacabile giudizio rappresentano i post più interessanti per i nostri lettori.

TocqueVille è un’area liberale, di centrodestra.

Sì, ma è sbagliato limitare Tocque-Ville al centrodestra. Ad esempio abbiamo diversi blogger radicali che l’anno scorso hanno fatto una scelta politica diversa. Quest’enorme galassia è rappresentata da una miriade di posizioni diverse tra loro su certi temi, come la bioetica, le politiche sociali e quelle estere. Questo ci da la possibilità di avere una homepage che mostra la ricchezza intellettuale che alberga nella nostra area di riferimento, di cui a volte non ci si rende conto, anche se non ha una precisa linea editoriale in senso stretto come potrebbe essere quella di un giornale e di una rivista.

Quanti blog “contiene” TocqueVille?

Adesso siamo 1.300. Consideriamo che nella blogosfera italiana come in quella anglosassone, c’è un tasso di mortalità molto alto. Quindi ogni tanto “uccidiamo” i blog morti, facciamo pulizia nel nostro network. E’ qualche mese che non lo facciamo, adesso c’è di sicuro qualche utente che ha smesso di gestire il blog costantemente. Fin dalla nascita, siamo sempre con l’arretrato delle iscrizioni: continuiamo ad iscrivere tre o quattro blog nuovi al giorno e da quando abbiamo pubblicato per la prima volta l’homepage pubblica di TocqueVille, un paio di mesi dopo l’inizio dell’esperimento, con le varie prove, la Beta Version e altro, il tasso di crescita non accenna a diminuire. Questo se da un lato crea parecchi scompensi a una redazione che si poggia sul volontariato, dall’altro ci da l’idea che stiamo comunque facendo qualcosa di importante, che poi è stato esplicitamente copiato anche a sinistra. E questa è stata una delle soddisfazioni più grosse, perché quando è nato la nostra controparte a sinistra della blogosfera italiana, Kilombo, la loro discussione si era sviluppata intorno a ipotesi di copiare o non copiare, ispirarsi o no al modello TocqueVille, cosa che poi sostanzialmente, anche se con qualche differenza, hanno fatto. Possiamo affermare che per la prima volta una parte politica come la destra italiana, che ha sempre rincorso l’altra parte, per scopiazzarla più o meno bene, è partita prima e meglio e adesso ha una posizione di vantaggio almeno sotto il profilo degli aggregatori di blog.

Il blog è il futuro della libertà di informazione?

Ho visto troppe rivoluzioni digitali per dire se l’ultima sia quella decisiva. Mi ricordo quando nel 1995-96 scoppio la mania della realtà virtuale, e quando il mio caporedattore del tempo mi chiedeva di scrivere qualcosa sulle nuove tecnologia, bisognava metterci dentro la realtà virtuale anche se non c’entrava assolutamente niente. Un po’ quello che sta succedendo adesso come Second Life che sembra l’ultima frontiera della coolness più spinta. Ho invece la sensazione che tra qualche anno il blog in sé sarà uno dei pilastri della rivoluzione digitale in corso, ma non necessariamente l’ultimo e non avrà per forza le stesse caratteristiche che ha adesso. La videoscrittura è stata una rivoluzione importantissima nel mondo l’informazione, così come l’e-mail nei giornali. Pensiamo ai corrispondenti da fuori che potevano inviare il pezzo in tempo reale invece che doverlo mandare su un supporto fisico. Oppure all’importanza di internet come struttura tecnologica nel costruire una rete di agenzie che puoi consultare contemporaneamente, mentre prima dovevi farti portare punto a punto e costava una quantità di denaro esagerato. Ogni due anni circa c’è una rivoluzione. L’approccio superficiale è credere che la più recente, quella che hai vissuto sulla tua pelle, sia quella definitiva che sconvolgerà per sempre il sistema dell’informazione. Più che ai blog che si sostituiscono al sistema dell’informazione come noi lo conosciamo, credo siano importanti perché hanno già avuto un impatto sui mass media, che potremo riassumere così: non si possono più scrivere stupidaggini a cuor leggero, perché hai sempre la sensazione che ci sia sempre un’enorme redazione di lettori pronti a scoprire l’inesattezza, la falsità o la forzatura di quello che hai scritto per correggerla pubblicamente. Questo è un fatto già palpabile in America, in Italia no.

Perché?

In Italia nelle redazioni ci sono persone di età così avanzata che fanno un mestiere diverso da quello che credono di fare. Penso alla commistione tra blog e media tradizionali. I giornali smettano di fare i giornali, la televisione smetta di fare la tv, i blog di essere blog in quanto tali e si crei una sorta di mediasfera sostenuta da tutti questi pilastri che si influenzano e modificano l’un l’altro con il passare del tempo. Poi quest’anno con Twitter hai la possibilità di bloggare da sotto l’ombrellone con il cellulare, la rivoluzione del videoblogging, l’impatto sempre maggiore che i contenuti multimediali stanno avendo sulla blogosfera, youtube. Ogni anno ci sarà una rivoluzione. Quello che può fare il blogger serio, che si occupa di nuovi media è prendere tutto il meglio da tutte le rivoluzioni senza fossilizzarsi sulle ultime. 




Blog per la margherita, uno spazio di scambio e confronto nel segno dell'Ulivo
conversazione con Francesco Soro

Come è nata l’esperienza di un Blog per la Margherita?

Ho iniziato a occuparmi della cosa pubblica, della politica quando avevo 34 anni. Adesso ne ho 37. Quindi da poco. Per quanto riguarda il mio avvicinamento al mondo dei blog, è stata molto importante la lettura di Blog Generation di Giuseppe Granieri. Sono andato a vedere le realtà americane, le ho studiate. E mi sono ricordato che Barbara Palombelli fece un tentativo di blog in cui parlava di sé, era uno spazio personale. Non fu capito, e il tentativo fu abortito. Invece lei era diversi anni avanti. Poi ho conosciuto Granieri con il quale abbiamo iniziato a parlare del rapporto tra politica e blog, che a suo avviso deve essere orizzontale. Il mondo del blog, secondo lui, doveva crescere in modo naturale. Mi ricordo che i primi tempi gli chiedevo quanti commenti dovesse avere un blog, e Granieri mi rispondeva che non era rilevante, non è detto che uno spazio con 2000 commenti sia un buon blog. E dopo ho immaginato come potesse essere un blog legato alla politica: uno spazio trasversale, legato alla Margherita. E ho iniziato a concepirlo, e realizzarlo non è stato facile, perché un spazio che curi ogni giorno, è un lavoro. Il blog è concepito in maniera orizzontale, una struttura assolutamente libera. Io do le chiavi per creare il progetto, poi ognuno è può esprimere il suo pensiero.

Cosa ha cambiato il blog nel linguaggio politico? Se qualcosa è riuscito a cambiare… E il rapporto tra blog e informazione?

Non credo che questi nuovi spazi non abbiano ancora influenzato più di tanto il mondo politico, quest’ultimo si autoreferenzia sulle agenzie stampa. I politici si scambiano colpi di agenzie che nessuno legge tranne loro. La rete non è granchè utilizzata, diventa fondamentale qualora sul web venisse a galla una rivelazione o qualcosa che non va. Il blog sta cercando spazi tra i grandi media: giornali, televisioni, agenzie. Come dicono Granieri e Maistrello, la rete ti mette alla prova si cresce poco alla volta. Adesso il Blog per la Margherita ha 1784 contatti al giorno, un buon numero, anche se l’impennata è dovuta alla visita di circa 300 “beppegrillari”. Ma bisogna saper aspettare.

Il futuro della libera informazione si chiama rete?

Un blogger non può fare il giornalista senza avere le responsabilità del giornalista, semmai è lo stato dell’informazione che mi sembra di basso livello. Il fatto di questi ultimi mesi è Fabrizio Corona… Ci vorrebbe una stampa d’inchiesta, di indagine, invece è usata come grimaldello per far comodo a questo o a quell’altro. Una stampa libera direbbe che così non va. Il web può essere una risorsa, ma si deve autoregolamentare, dare dei limiti. Bisognerebbe ritornare ai padri della rete, che avevano un codice di regole e intendo i vari Maistrello, Mantellini…

A livello di comunicazione, quanto fanno i politici nella diffusione della nuove tecnologie?

I politici non hanno ancora appreso il valore reale del blog, se non in senso verticale, in cui si fa un comizio dall'alto. Quello che la politica dovrebbe fare è utilizzare questi nuovi spazi per parlare direttamente con la gente e con i giovani in particolare. Ad esempio dovrebbero conoscere Msn, la chat con cui milioni di ragazzi comunicano. Non capiscono l’importanza del mezzo. Adesso stiamo lavorando ai Coraggiosi, un sito completamente orizzontale. Speriamo che una cosa del genere passi: se va bene vuol dire che ci danno retta, altrimenti vuol dire che hanno paura. Un sito orizzontale, dove ognuno può farsi un blog. Se la gente si mette insieme, allora la devi ascoltare. Insomma, la politica dovrebbe uscire dai suoi cantoni e confrontarsi di più con il mondo. Ma preferisco quello che ci arrivano piano piano a quelli che ci arrivano subito…


Ti riferisci…

Ad Antonio Di Pietro. Fa il video del consiglio dei ministri: quella non è trasparenza, bisogna anche tenere conto del galateo istituzionale. Non mi piace molto il modo in cui sfrutta le nuove tecnologie.

E in che modo dovrebbe utilizzarle la politica?

Non ci vuole la censura, ma un codice di controllo. E i politici dovrebbero essere più “umani”. Rete libera, ma diamoci un regolamento.

Ti piacciono Kilombo e TocqueVille?

A TocqueVille mi ero iscritto, ma poi è diventato un aggregatore di destra e mi sono “disiscritto”, senza nessuna polemica. Riguardo a Kilombo, temevo facesse la stessa fine di TocqueVille, e così è stato. Personalmente sono per toni più moderati…

Partito Democratico. Cosa dovrebbe fare in tema di comunicazione?

Meno manifesti, più utilizzo di internet e soprattutto un costante rapporto con la gente. Bisogna ascoltare le persone e apprendere da loro. Io vengo da due incontri con i ragazzi assieme a Rutelli e Linda Lanzillotta e sono stati davvero belli. Le due parti hanno interagito, quello che in Tv non accade. 


Approfondimenti:

www.tocqueville.it
http://www.blogperlamargherita.com