torna alla homepage

Numero 11



Feed RSS

Archivio

                                                                                                     stampa questa pagina [versione printer friendly]







Ho cercato, non so con quanto successo, di redigere racconti lineari. Non mi azzarderò a dire che sono semplici; sulla terra non c’è una sola pagina, una sola parola che lo sia, giacché tutte postulano l’universo, il cui attributo più noto è la complessità. Voglio solo chiarire che non sono, né sono mai stato, quel che un tempo si chiamava un inventore di favole o un predicatore di parabole e oggi uno scrittore impegnato. Non aspiro a essere Esopo. I miei racconti come quelli delle Mille e una notte, intendono distrarre o commuovere e non persuadere.
J.L. Borges, Il manoscritto di Brodie 


Ancora mettiamo entrambi le mani sul fuoco:

tu per il vino del lungo fermento notturno

io per la mattinale acqua sorgiva, che non conosce i torchi.

Il mantice attende il maestro, in cui confidiamo.

Non appena l'ansia lo scalda, il soffiatore giunge.

Va' via prima di giorno, arriva prima del tuo richiamo:

è antico, come la penombra sopra le nostre ciglia rade.

Di nuovo egli fonde il piombo nella caldaia di lagrime:

per una coppa a te - occorre solenizzare il tempo perduto -

a me per il coccio pieno di fumo - che sarà versato nel fuoco.

Mi scontro così con te, facendo tintinnare le ombre.

Scoperto è chi esita, adesso,

chi ha scordato la formula magica.

Tu non puoi e non vuoi conoscerla,

bevi sfiorando l'orlo, dove è fresco:

come un tempo, tu bevi e resti sobrio,

le ciglia ti crescono ancora, tu ancora ti lasci guardare!

Io con amore all'attimo protesa sono già, invece:

il coccio mi cade nel fuoco, piombo mi ridiventa

qual era. E dietro al proiettile sto,

monocola, risoluta, defilata,

e incontro al mattino lo invio.

(Ingeborg Bachmann, Nella penombra)



Fin da piccolo il mare mi dava un brivido lungo la schiena. Forse era il sogno, la voglia di sfidare l'ignoto come i grandi navigatori che attraversavano l'oceano con i velieri piegati dal vento. Divoravo ogni romanzo con la speranza di vivere la stessa avventura: ce l'avrei fatta da solo, mi dicevo, con le mie forze. Perché avventura è mettersi alla prova, esplorare i limiti estremi della volontà e del cuore. L'avventura è corpo e spirito, braccia e gambe., ma anche luoghi impervi, sconosciuti, simbolici. Capo Horn, per esempio. La convergenza tra Atlantico e Pacifico, dove i gorghi delle correnti si alzano sferzati dal vento è il luogo dove puoi imparare a governare la paura. Davanti a quel promontorio di roccia nera e invisibile, nella notte, ci sei tu e il destino che ti guarda in faccia. Se passi, capisci dove può arrivare il tuo limite. (...). Dopo quella notte maledetta nel deserto del Turkmenistan riesco persino a sorridere e a scacciare la disperazione. Sono diventato come un neonato che non ha nessuna autonomia, ma che ha la conoscenza della vita. Se mi chiedono "Come stai"? rispondo così: sto come uno che ha la mosca al naso e non riesce a scacciarla via

(Ambrogio Fogar, Controvento)