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Numero 3



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Intelligenza
Dal latino intelligere (inter-legere); equivale quindi a saper “scegliere fra”. La radice indoeuropea “leg” ha il valore generico di raccogliere (come per il greco “lego”) e deriva (ad esempio, per gli antichi germani) dall’abitudine di raccogliere (legen) i bastoncini su cui venivano incise le profezie tramite le Rune. Come si vede l’intelligenza è una facoltà perché connessa alla sacralità divinatoria. 
Quasi una virtù straordinaria, iniziatica, perché, per… intelligere, bisogna aver chiaro il significato originario e segreto delle cose. Ora si da il caso che, in genere, si sia portati a scegliere pur senza aver chiaro assolutamente nulla. Voglio dire che il mondo è pieno di uomini totalmente privi d’intelletto e nonostante ciò definiti intellettuali semplicemente perché aggregati intorno ad idee approssimative.
 Una acculturazione moderna ci fa confondere l’intelligenza… con l’accumulo di notizie o con le informazioni su un determinato argomento (vedi precedenti interventi semiologici su questa stessa rivista). Ancor peggio si confonde l’intellettuale con colui che manifesta un impegno “politico” o sociale, o, ancor peggio… quando canta
Siamo abituati a pensare che il contrario di intelligenza sia stupidità. Ma in realtà la stupidità non c’entra nulla. Il vero opposto di intelligenza è “negligenza”. Oggi negligenza viene assimilato a mancanza di applicazione, a svogliatezza. In realtà il negletto è colui che non ha la facoltà di “legere”, cioè d’interpretare i segni nel loro valore archetipale, nella loro potenza e bellezza primordiali.

Ingegno
Qui le cose si fanno ancora più complesse e dobbiamo esaminare una radice latina importantissima e articolata: genius. Il genius è un angelo, guardiano degli uomini, antesignano dell’angelo custode, importato a Roma dallo juno etrusco, raffigurato come una fanciulla con le ali di falena o, altre volte, di pipistrello, che ha il compito di dirigere le azioni degli uomini. Diverso dal daimon socratico che è una vera e propria manifestazione del Dio. Ma il genius latino è anche connesso alla gens, alla stirpe. Esiste cioè un Genio di famiglia, progenitore della gens e della generazione, da cui, in fondo, deriva lo stesso concetto di codice genetico che, guarda caso, rappresenta proprio la nostra inclinazione psicosomatica, caratteriale, fisica, la nostra “genia”. L’animismo caratteristico delle religioni primigenie italiche, attribuiva un genio protettore sia ai luoghi selvaggi che a quelli abitati dagli uomini e si preoccupava di renderlo favorevole ed ospitale. Cioè ammetteva una coabitazione fra trascendente ed immanente, ugualmente percepibili e presenti in ogni angolo del cosmo.
L’ingegno è perciò una facoltà particolare che consente di “generare”, di creare qualcosa, appunto di geniale, conformemente ad una speciale inclinazione e capacità innata. L’ingegno preesiste e non è creabile, non è plasmabile. Ed è strano che nel mondo odierno esistano addirittura delle scuole per formare ingegneri, cioè per inculcare anche in menti che spesso non sono assolutamente in grado di accoglierla, la facoltà geniale. Siamo di nuovo nella confusione fra genialità e accumulo d’ informazioni. E non se ne abbiano a male gli ingegneri. Anch’io lo sono.