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Numero 1



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                         Esercizi di stile


Sono diventato la persona che sono oggi all’età di dodici anni, in una gelida giornata invernale del 1975. Ricordo il momento preciso:ero accovacciato dietro un muro di argilla mezzo diroccato e sbirciavo di nascosto nel vicolo lungo il torrente ghiacciato. È stato tanto tempo fa. Ma non  è vero, come dicono molti, che si può seppellire il passato. Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente. Sono ventisei anni che sbircio di nascosto in quel vicolo deserto. Oggi me ne rendo conto.

Nell’estate del 2001 mi telefonò dal pakistan il mio amico Rahim Khan. Mi chiese di andarlo a trovare. In piedi in cucina, il ricevitore incollato all’orecchio, sapevo che in linea non c’era solo Rahim Khan. C’era anche il mio passato di peccati non espiati. Dopo la telefonata andai a fare una passeggiata al lago Spreckels. Il sole scintillava sull’acqua dove dozzine di barche in mniatura navigavano sospinte da una brezza frizzante. In cielo due aquiloni rossi con lunghe code azzurre volavano sopra i mulini a vento, fianco a fianco, come occhi che osservassero dall’alto San Francisco, la mia città d’adozione. Improvvisamente sentii la voce di Hassan che mi sussurrava: Per te qualsiasi cosa. Hassan, il cacciatore di aquiloni.

(Khaled Hosseini, Il cacciatore di aquiloni, Piemme edizioni)

 

 

Chiamatemi Isola. Oppure chiamatemi Holm. Fa lo stesso. È un modo per iniziare, anche se come molti altri esordi umani – o libri scritti da uomini – non è originale. Per quante macchine possiamo inventare, a farci da guida sono sempre i nostri antenati. Solo la nostra memoria e le nostre metafore ci fanno progredire, non i nostri soldi, o i nostri marchingegni, o le nostre opinioni.

“Nessun uomo è un isola” disse John Donne in un sermone, ma io lo sono. Holm – un sostantivo maschile dell’antico islandese, le cui forme sono Holmi o Hòlmur – significa piccola isola o isola costiera, o anche, in qualche dizionario, isoletta, il diminutivo di isola. Anche l’inglese island deriva dall’antico islandese: ey, che si fa risalire all’antica forma indoeuropea ea, “fiume” (dunque tutta acqua) unita a land, “terra”, come nell’inglese moderno. Di conseguenza, un’isola è un tratto di terra circondato dall’acqua, ma più piccolo di un continente.

Allora, vi chiederete, qual è la dimensione di un continente? Quante galassie tra qui e l’infinito? Quanti ditali pieni d’acqua nel Pacifico? Quanti parassiti dell’acero nel vostro albero? Un’isola è tutto ciò che chiamiamo isola. O che io chiamo isola. Perché io lo sono e dunque in questo campo ho diritti e prerogative.

 (Bill Holm, Isole, Guanda)   

 

 

Il suo olfatto era già sveglio abbastanza da straziarlo con un pesante tanfo di stalla. La luce del mattino forzava il sipario fragolino delle palpebre, che si sollevarono lentamente, come due schermi gemelli ancora occupati dal sogno che vi veniva proiettato. Aprendo gli occhi, faticò prima di mettere a fuoco una noce di cocco, poggiata sulla coperta del letto accanto alla massa informe del suo corpo. Impossibile, pensò, e tornò a chiudere gli occhi.

Invece era vero, si dovette rassegnare. Da una serie di successive, sorprendenti rivelazioni, Méte fu costretto ad accettare per buona la realtà bruta di quella mattina: una noce di cocco era poggiata sul letto, vicino a lui; sotto le coperte aveva dormito vestito di tutto punto, con tanto di giacca e scarpe; proprio le scarpe, dalle suole di spessa gomma scolpita, avevano sparso tra le lenzuola una minacciosa sostanza marrone; il telefono era riverso sul pavimento, con la cornetta staccata da cui proveniva il segnale di occupato, e una mosca ronzava in una angolo della stanza.

(Sandro Veronesi, Gli sfiorati, Oscar Mondadori)

 

Il libro partecipa e contribuisce alla libertà d’espressione, alla creazione artistica, al dibattito collettivo, all’istruzione e alla formazione. L’editoria è quindi un nodo centrale nel funzionamento di una democrazia. Ora, in questi ultimi vent’anni, l’editoria ha subìto una rivoluzione che  negli Stati Uniti  ha portato alla scomparsa pressoché totale del libro concepito come creazione intellettuale.

 (Janine e Greg Brémond, Editoria condizionata, edizioni Silvestre Bonnard)

Mi chiamavano Salmon, come il pesce. Nome di battesimo: Susie. Avevo quattordici anni quando fui uccisa, il 6 dicembre del 1973. Negli anni Settanta, le fotografie delle ragazzine scomparse pubblicate sui giornali mi somigliavano quasi tutte: razza bianca, capelli castano topo. Questo era prima che le foto di bambini e adolescenti di ogni razza, maschi e femmine, apparissero stampate sui cartoni del latte o infilate nelle cassette della posta. Era quando ancora la gente non pensava che cose simili potessero accadere.
Nel diario delle medie avevo ricopiato un verso di un poeta spagnolo, juan Ramòn Jiménez; era stata mia sorella a farmelo conoscere. "Se vi danno un foglio squadrato, scriveteci sopra dall'altro lato".
La'vevo scelto perché esprimeva tutto il mio disprezzo per gli ambienti rigidamente strutturati tipo aula scolatica che mi veedevo intorno e perché secondo me mi dava un'aura letteraria: non era una citazione idiota di un gruppo rock. Ero iscritta al Club degli scacchi e al Club della chimica, e bruciavo tutto quello che provavo a cucinare durante le lezioni di economia classica della professoressa Delminico. Il mio preferito era il professor Botte, insegnava bilogia e si divertiva a far ballare le rane e i gamberi, che in seguito avremmo sezionato, sulle loro tavolette di cera. Comunque non fu il propfessor Botte a uccidermi".
(Alice Sebold, Amabili resti, edizioni e/o)