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Numero 18



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Yoga e libertà









Le antiche tradizioni orientali cercando di restituire all'uomo il respiro cosmico a cui appartiene. Ma ci vogliono impegno e costanza, a differenza del ciarpame di pronto consumo spacciato oggi dalla new age...

di Alessandro Varani

 

 

Lo Yoga, così come descritto nel testo base di questa disciplina - gli YOGA-SUTRA di Patanjali (compilato intorno al II° sec. a.C.) può essere definito un eccellente metodo per liberare l’uomo da quelle sofferenze che offuscano la sua mente e ostacolano l’espansione della sua coscienza. Questa antica sapienza, tende ad eludere una comprensione intellettualistico-astratta della vera natura della realtà, e più che fornire una definizione di libertà come si farebbe in Occidente, si adopera di proporre un modello adatto a conseguirla. Un’educazione confusa, un certo carattere ereditato, abitudini sbagliate, sono solo alcune delle cause per cui nel tempo si consolidano gli errori che ci portano lontani dalla ‘diritta via’, nel cieco smarrimento.

Per aiutare il praticante smarrito a ritrovare la ‘diritta via’ - come per Dante nella Divina Commedia - lo Yoga pone una sola condizione iniziale: che egli sia davvero disponibile di sottoporsi a una disciplina sotto la guida di un maestro che lo aiuti di volta in volta ad accettare i propri limiti e ad affrontare con coraggio i diversi ostacoli che incontrerà lungo il percorso. Solo in colui che praticherà con costanza e progressivo distacco, gradualmente riemergerà la voce di quella libertà nascosta dentro di lui, la voce della sua più autentica natura, una coscienza sepolta sotto molti strati di impurità accumulate prima e durante il cammino mondano. Ma affinché il seme della pratica possa germinare e stabilire una relazione sotterranea con quella libertà, bisogna prima preparare bene il terreno. Oggi, spesso ci si avvicina allo Yoga per superare dei problemi fisici o come accade di solito in Occidente, solo per mantenersi in buona forma atletica, mentre non dobbiamo dimenticare che gli obbiettivi precipui di questa preziosa disciplina consistono soprattutto di un lavoro a livello mentale, in un’emancipazione dall’oppressione di pensieri che spesso ci ossessionano, dall’assillo dei sensi e dai blocchi causati dalle nostre paure. Secondo Patanjali, alla base di tutta la sofferenza umana c’è una perdita di conoscenza, condizione data alla nascita.

Questa non conoscenza, in sanscrito - Avidya - è gia dall’etimologia della parola una mancata visione; l’uomo soffre poiché non avverte la luce divina dentro di sé e tenta di compensare tale mancanza identificandosi con tutto ciò che lo circonda, quindi, aggredito da dubbi interiori sempre più grandi, cade preda della sofferenza e della malattia. Ma l’uomo è anche il campo della propria libertà, o meglio, il libero arbitrio dell’uomo può diventare lo strumento che gli consente di ritrovare la propria libertà perduta. Come? Attraverso uno sforzo iniziale, animato da una sana aspirazione alla salute e alla salvezza, avvalendosi dello strumento di una pratica regolare, lo stato di salute del praticante migliorerà e il suo libero arbitrio disciplinato si arricchirà di una sempre maggiore consapevolezza. Secondo lo Yoga, libertà è consapevolezza raggiunta, piena conoscenza della nostra vera essenza profonda e dei fenomeni naturali relazionati ad essa. Ma il percorso sulla via della liberazione è davvero lungo e complicato da quegli ostacoli di cui abbiamo accennato sopra. Molte e diverse, a seconda delle differenti condizioni, sono le strategie proposte da Patanjali per arrivare a ri-conoscere la nostra più intima essenza e a intraprendere il cammino verso la liberazione. In generale, solo con un sano distacco e in un vuoto di desideri si può recuperare con pienezza la libertà che conduce l’uomo alla salvezza. Solo uno spazio interiore pieno di calma e silenzio consente alla nostra più pura coscienza di manifestarsi come luce che dona un profondo senso di beata libertà. Per questo scopo, lo Yoga si avvale dello strumento prezioso della meditazione. Certo, specie all’inizio, non è possibile ottenere un risultato durevole nel campo della meditazione per il principiante anche volenteroso, abituato com’è alla distrazione, con i sensi e la mente spesso proiettati all’esterno; indirizzato dalle molteplici e avvinghianti attrattive dei sensi, egli non riconosce che una libera coscienza giace nel profondo e che, attraverso una pratica combinata di asana, pranayama e meditazione, possa essere risvegliata. Perciò, è importante che il principiante volenteroso si applichi con fiducia e pazienza, senza troppe aspettative nell’immediato.


Patanjali ribadisce che per liberarci da ciò che ci affligge e che ogni giorno, vivendo, rischia di accrescersi ulteriormente, dobbiamo praticare senza interruzione. Possiamo cominciare a purificare il sistema corpo-mente lavorando con l’espirazione, ovvero espellendo l’eccesso di scorie e di tossine dal sistema corpo-mente. Dobbiamo eliminare tutte quelle cose che hanno avuto il loro tempo, curarci di ripulire costantemente lo spazio al nostro interno, soprattutto a livello mentale. Perciò, per espirazione s’intende, in senso lato, anche l’eliminazione mentale di quegli errori, quei fatti passati, quegli atteggiamenti che dobbiamo lasciare andare perché ci riempiono il presente di sofferenze evitabili, restringendo lo spazio a disposizione per la nostra gioia interiore.

Quello che ci opprime, ci accorcia e spezza il respiro, non solo ci è inutile, ma perdurando dentro di noi si accresce, s’indurisce fino a danneggiare e bloccare tutto il nostro sistema psicofisico. Bisogna cominciare a liberarsi delle cattive abitudini, dei tanti gesti che facciamo in modo meccanico, per reazione, delle tante parole che usiamo in modo sbagliato, ma che ugualmente rientrano nel campo delle nostre azioni invisibili, con effetti anche più devastanti dei gesti; infatti, usiamo le parole non solo per comunicare ‘a cuore aperto’, ma soprattutto per alludere, sottolineare, per difenderci o per attaccare e ferire qualcun altro deliberatamente. Lo Yoga ci avverte che certi atteggiamenti non fanno che aumentare le tensioni a livello mentale, determinando un accorciamento e un’aritmia del respiro che squilibra il piano energetico e infine si ripercuote sul corpo sottoforma di malattia. Patanjali sostiene che per intravedere qualche barlume di quella beata libertà che regna dentro di noi, è necessario che la mente sia limpida, pura come un cristallo. Ma come si fa ad ottenere una mente cristallina? È proprio questo lo scopo principale dello Yoga, felicemente sperimentato da millenni, ovvero quello di purificare la nostra mente per renderla umile e gentile servitrice della nostra essenza spirituale. Certo, per ottenere tutto ciò, bisogna agire-praticare per spodestare la mente dal dominio che tramite i sensi ha sulla nostra vita. La mente padrona è quella che cede alla spinta dei sensi suoi fedeli alleati e finisce per agire al fine di appagarli e appagarsi; vuole possedere sempre di più cose da mettere a disposizione del signore suo ego che si identifica con tutto quello che ha ricevuto e che possiede, al solo scopo di godere di tutto, in un circolo vizioso infinito che alla fine non può che produrre un senso di impotenza, insoddisfazione, noia, abbattimento per il timore di perdere ciò che si è accumulato.


Si potrebbe finire con il dire che il respiro, usato secondo i saggi e sperimentati metodi dello Yoga, è una chiave preziosa per aprire all’uomo le porte della sua autentica e perduta libertà. Va solo aggiunta un’ultima avvertenza per chi intendesse intraprendere la via Yoga al fine di riconquistare la propria libertà; ed è la seguente: Se è vero che ‘il respiro è la corda che lega l’anima al corpo’, come affermano i saggi yogi, certe forzature a livello di asana (posture) e soprattutto di pranayama (tecniche respiratorie) anzi che liberare il praticante-ricercatore, nel tempo potrebbero finire per legare ancora di più la sua anima al corpo. Per questo, sulla via dello Yoga è assolutamente necessaria la guida di un maestro serio ed esperto.