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Numero 18



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L’illusione creata ad arte

Piero Paladini ci racconta del rapporto tra arte e mondo delle illusioni. Visione e materia si combinano in un gioco di specchi in cui una aiuta, e a volte ostacola, l'altra...
di Simonetta Cinaglia

Poiché la simulazione può, in uno scatto, erompere e sfuggire da uno stato pensato di sogno e proiettarsi, attraverso il filtro della mente umana, su di un supporto materico sotto forma di pittura, scrittura, musica o altro e così restituirsi figlia, eguale ma diversa, al mondo da cui è scaturita”.

Brano tratto da I luoghi nella mente di Piero Paladini, a cura di Luciano Caramel, 2004, Galleria Tornabuoni, Firenze.

 

Piero Paladini è nato a Lecce e dai primi anni novanta opera nel mondo dell’arte contemporanea dividendosi tra illustrazione, pittura e scrittura di fiabe e racconti brevi, creando una complementarità tra immagine e pensiero che gli permette di comunicare in entrambe le direzioni, simultaneamente.

I suoi numerosi cicli pittorici si dividono in vari livelli, stratificati l’uno sull’altro con la conseguenzialità che la ricerca vuole; per cui, dopo gli “accademici” ma necessari passaggi dal figurativo e le sue molte “facce”, passa a esplorare la possibilità di una rappresentazione-altra.

Da Linearità, dove un’iconografia forte di una primitività post-nucleare si risolve secca nell’idea di una sola linea, approda poi a meccani dove la figurazione, che si muove in un mondo di ingranaggi, acquisisce corpo solido ed esplora la possibilità di risolversi in dei volumi ben delineati.

Nella scia di meccani e del nitore della forma apre al periodo Ludico: dove è l’archetipo del giocattolo a fare da pretesto a risolute composizioni sempre al limite dell’equilibrio nello spazio in cui prendono vita.

Poi la composizione inizia a spaginarsi per esplorare lo spazio attorno e in due cicli, uno dedicato alla vela, l’altro alla musica jazz, si aprono a nuove possibilità.

Ed è in Medievalia che il tutto trova il racconto dando vita a vere e proprie rappresentazioni forti delle esperienze precedenti e delle incursioni fatte nel mondo della illustrazione, nell’ottica del coniugare più linguaggi.

Nel 2004 I luoghi nella mente segnano il definitivo approdo nell’inconscio e nella ricerca questa volta però con una figurazione già asserita e del tutto personale che permettono all’artista dei veri e propri viaggi nel suo immaginifico e come un capitano al comando di un’antica goletta parte per mondi inesplorati…“si veleggiava a vista nel buio più fondo della mente, in attesa che qualcosa apparisse all’orizzonte, ben attenti a discernere cosa… poiché, in mare, bisogna fare attenzione ai sogni malevoli che emergono dall’olio nero sul quale, incauti, ogni notte scivoliamo, e ingoiano in un incubo qualsiasi cenno di coscienza ravvisino in un raggio definito”.

Seguiranno Giotto e dintorni dove Piero Paladini rivisita alcune opere del grande maestro medievale e le Dimore sognate.

Nel 2009 affronta Giangiacomo Acaya, uomo dell’ultimo rinascimento con cui ridà vita e celebra la memoria del barone e architetto salentino, “ingegnere regio” operativo in tutto il regno di Napoli al servizio dell’imperatore Carlo V. Qui l’artista costruisce un canovaccio letterario dove poggia le basi per sviluppare 19 grandi tele.

Nel 2003 apre un ciclo del tutto particolare riguardante la figura di Pinocchio e le sue forti stimolazioni grafico-pittoriche, irresistibili per Paladini che coniuga i due stili adagiandole su un testo che traduce le opere pittoriche e le narra. Il lavoro è stato pubblicato da Etruria Editrice, A colloquio con Pinocchio (e altre storie…), nel 2010 ripete l’esperimento con Pinocchio e poi...

Inoltre, ha da poco pubblicato con Albatros, Selfi il ragazzo albero e altri racconti, quadri di umanità e poesia che dialogano con immensa sensibilità con la realtà che ci circonda.

Nel suo sito, www.pieropaladini.it, è possibile visitare e osservare tutti i cicli pittorici di questo artista eclettico.

Per chi volesse vedere dal vivo i lavori di Piero Paladini, lo potrà fare alla sua prossima mostra Le dimore sognate e Pinocchio e poi… che si terrà a Chianciano Terme, in provincia di Siena, dall’8 al 15 agosto presso la Sala Fellini, Piazza Martiri Perugini.

 

Che cosa è per te l’illusione?

Credo che sia l’intuizione, la visione che porta per mano verso un’alternativa visiva. Premesso che è sempre dalla realtà che si rifugge e, rifuggendola, la si aggira anche attraverso lo strumento dell’arte o, soprattutto con quello.

 

L’illusione creata dall’arte può divenire realtà?

Sì, nel momento esatto in cui quell’idea di realtà-altra illusoria inizia a essere condivisa con gli altri e credo sia uno dei motivi per cui l’arte sia soprattutto comunicazione.

Mi spiego meglio: l’artista ha un’intuizione e, facciamo conto, sia esso un musicista. Quello afferra una melodia magnifica che nella sua mente è la descrizione ideale-illusoria di un amore. Ecco, ora facciamo conto che quella melodia, quel brano, sia Sexi sadie dei Beatles. È chiaro che, quella che era una realtà illusoria e del tutto interiore all’uomo che ne ha avuto l’intuizione, diviene a un tratto, attraverso la condivisione, parte della realtà esterna e percepibile di ognuno di noi e, da quel momento in poi, anche della realtà esterna dell’autore che non può più dire che gli appartenga, perché ora appartiene al mondo intero. Una qualsiasi cosa, sia essa il mare o una melodia o l’immagine di un’opera d’arte, è vera e reale nel momento in cui diventa una realtà condivisibile.

 

L’arte aiuta l’illusione, o la svela?

L’arte aiuta l’illusione a svelarsi al mondo, in virtù di quanto ho detto prima. E dico svelare perché le idee esistono ancor prima che noi le si trovi e le si raggiunga: loro sono già lì.

Prova ne è che a volte, nei corsi e ricorsi storici che la storia ci riserva, la stessa idea spesso è già stata afferrata in qualche altro punto del mondo o secoli prima.

 

La tua costante sperimentazione tra storia, arte e favola da quale illusione nasce?

Raramente o mai ho considerato l’illusione il raggiungimento di un mio obiettivo artistico, ho piuttosto sempre seguito una visione, una frase che mi poneva di fronte all’esistenza di una realtà-altra o, per tornare a noi, illusoria.

La mia ricerca necessita di leve e queste leve posso trovarle ovunque nella storia come nella letteratura, come nella scienza, etc.

 

La tua creatività che cosa prende e cosa toglie dall’illusione?

Illusione non è un termine che amo ha in sé una accezione melanconica come di resa che male si concilia col mio impeto che tende a ridurre la mela al seme.

Ho sempre pensato che la mia creatività attingesse dalla luce che si percepisce appena nel buio profondo e la si perde, se si distoglie da quella lo sguardo. O anche dal vuoto che riempie lo spazio, fuori e dentro la forma.

 

Guardando le tue opere si compie un viaggio storico dal Medioevo, al Rinascimento fino a giungere nel XIX secolo: qual è l’illusione comune a questi periodi storici tanto diversi?

L’illusione credo esista in chi la guarda, “Dio ha creato il tutto l’universo e infine l’uomo, affinché poi quest’ultimo creasse Dio”.

Come dire che anche l’illusione per esistere ha bisogno che qualcuno la concepisca e dia sostanza e significato al suo corpo.