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Numero 17



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Pensieri sull'acqua

Ricordi, memorie legate a un elemento fluido, primordiale. Specchio di noi e del nostro mondo emotivo...
di Orietta Losa

Era incastonato in un ovale di plastica, di un rosa chiaro. Era uno di quegli specchi con l'impugnatura lunga, il mio primo specchio di bambina, un piccolo tesoro che spiccava nella scatola dei giochi.

 

Più tardi me ne fu regalato uno identico nella forma, più grande, d’argento: un oggetto importante, con uno stemma inciso, uno di quegli emblemi di famiglia. Era accompagnato da un biglietto con una sola parola scritta: “guardati”.

 

Sono passati venticinque anni e quello specchio si trova nel mio bagno, sopra il vecchio mobiletto -privo di qualsiasi valore materiale - del nonno calzolaio, quindi perfettamente intonato ai contrasti che hanno dominato e dominano la mia vita. Contrasti che costituiscono lo sfondo del mio “di dentro”, che si riflettono sui miei giorni, dominano le mie scelte, rivelano le mie contraddizioni, i miei disordini ordinati, il mio ordine spettinato.

 

Non chiesi mai a Ludovico cosa volesse dire con quel “guardati”, né la ragione di quel dono, ma nel corso degli anni, mi è capitato di domandarmi: perché uno specchio?  Quanti significati ha lo specchio? Moltissimi.

 

Lo specchio più antico è l'acqua, uno degli elementi primordiali: dopo è stato il metallo e poi sabbia lavorata. Affascinante, misterioso, considerato carico di poteri magici fin dai tempi antichi, è strumento di lavoro di stregoni e sciamani, oggetto di superstizione e di divinazione, di valenze simboliche delle cose visibili e non visibili. Simbolo del Sole e della Luna e di molte altre Cose, protagonista delle favole, presente nel mondo fantastico di ogni bambino.

Fonte di illusioni perché riflette la realtà ma la mostra capovolta.  Fonte di paura perché rivela la conoscenza di sé, costringe al confronto. Fonte di verità, strumento di riflessione.

 

Riflessione.

Quando guardiamo allo specchio, questo ci rimanda la nostra immagine attraverso un altro strumento, anch'esso capace di catturare e rimandare immagini: il nostro occhio. L'immagine acquisita dunque rimbalza dallo specchio all'occhio che la cattura, di sicuro sosta in una stanza dove viene vestita, camuffata, truccata con strati più o meno densi di cerone. Mistificata, enfatizzata, condannata o assolta, glorificata o mortificata, comunque distorta e inquinata, rimbalza di nuovo dagli occhi allo specchio e da questo di nuovo agli occhi: un gioco di specchi prima del giudizio finale. Un po’ come accade ai pensieri quando devono vestirsi di linguaggio, sporcarsi di parole.

 

Ma lo specchio può anche operare al contrario, dirottare raggi di luce sulle nostre zone più in ombra, essere impietoso nel mostrarci le nostre parti malate, le escoriazioni, le carie, la coda del demone che pure siamo, così come le ali degli angeli che pure siamo.

 

Può essere la mano che solleva il tappeto scoprendo la sporcizia che c'è sotto. Una sonda capace di addentrarsi nei nostri angoli ottusi, in quelli acuti, per proiettare poi il tutto sullo schermo della coscienza quando decidiamo di fare i conti per davvero. Un’intima radiografia, profonda, accurata.

 

A volte sono gli occhi di chi ci sta davanti a far da specchio alla nostra anima: ci si riflette bene, in alcune circostanze, attraverso la mediazione di un'altra intelligenza, più critica, più obiettiva e imparziale della nostra.

 

Occhi altrui come specchi che sono anche finestre.

Porte e finestre esercitano su di me un fascino particolare; mi attraggono da anni e ne ho fotografate moltissime. Sono brecce, mezzi di comunicazione con “l'altra parte”, possibilità di accoglienza e di scambio, relazione, cambiamento. Opportunità, scelta, condivisione, conoscenza.  Passaggio.

 

Anche lo specchio è un varco?

Passaggio dimensionale, fenditura nella parete indefinita che separa questa dimensione dal gomitolo di altre dimensioni sconosciute ma contemporanee, dentro le quali spazio e tempo hanno un respiro differente, un senso differente, pesi e misure differenti. Universi paralleli che forse ospitano non la copia di noi ma altre nostre coscienze palpitanti in alte dimensioni.

 

Buco nero, forza compressa capace di inghiottire, risucchiare, assorbire uno strato dimensionale dentro l'altro, un microcosmo in un macrocosmo e partorire frattali di esistenze, stesi o attorcigliati dentro un oceano di galassie che comprendono anche noi.

 

Breccia che buca il Tempo quando la coscienza è al confine tra la veglia e il sonno, in quello stato di non-vita in cui prende forma il sogno.

E se il sogno fosse il ricordo di una visita nel groviglio parallelo di universi invisibili?

Se ciò che noi definiamo “realtà” fosse un multiverso e il sogno fosse un viaggio in uno delle tante “realtà” che si affacciano oltre quell'orizzonte degli eventi non altrimenti oltrepassabile? 

 

Mi è successo di sognare i ricordi di un altro, senza sapere nulla del suo passato e poco anche del suo presente. Possibile? E' successo.  L'ho definito sogno: se invece avessi passeggiato in un Tempo differente dove tutto stava accadendo, accadrà o è accaduto?

Mi è successo di sognare “allo specchio” insieme ad un altro: nella stessa notte io piantavo margherite dentro al mio sogno mentre dentro al suo le raccoglievo. Possibile? E' successo, solo la qualche notte fa.  Simmetriche relazioni, eventi allo specchio. Legami.

 

Legami.

Gli antichi egizi cercarono di replicare il cielo sulla terra: le piramidi sono costruite in relazione con le stelle di Orione, il gigante cieco che camminava alla ricerca dell'Est, cioè punto ove sarebbe sorto il Sole. I raggi del Sole nascente, colpendo i suoi occhi, gli avrebbero  ridato la vista.

 

“Guardati” c'era scritto sul biglietto. Mi guardo e vedo il mio viso, i segni sul mio viso, i contorni del mio viso. Vedo che non vedo una coscienza, vedo che non vedo un'anima.  Sento che non vedo che una verità apparente. Una verità costretta dentro i limiti della nostra conoscenza.

Tuttavia sento di possedere un’anima. Sento che servono mente e anima e cuore e testa per vedere, e sento che tutto ciò che crediamo “vero" è ciò che guardiamo attraverso lo specchio distorto dai nostri limiti e dai nostri vizi, attraverso quello strumento che è la fonte stessa del Dubbio per tutte le Cose.