torna alla homepage

Numero 17



Feed RSS

Archivio

                                                                                                     stampa questa pagina [versione printer friendly]

Vite vissute

Sognare davanti a uno specchio, cercare altro, fare i conti con l'esperienza vissuta e quella desiderata. Tutti, nella vita, ci troviamo a fare i conti con la realtà. Senza inganni...

di Giulio Crotti

Non ho mai trovato la vita particolarmente interessante. Non la mia, almeno. 
E non mentre la stavo vivendo. In realtà, a pensarci ora, la vita mi suscitava un certo quale interesse solo quando, leggendo, fantasticavo su quello che sicuramente sarebbe stata. 
E me la figuravo certo non meno intensa e affascinante di quella dei personaggi cui, volta per volta, mi appassionavo.
Insomma, come dire, da un lato vivevo la mia vita di tutti i giorni in tutta la sua (la mia) mediocrità. Limitando i danni. E dall’altro sognavo. 
Sognavo la vita che mi aspettava, provando attimi fugaci di vero entusiasmo ogni volta che staccavo gli occhi da un libro, con la certezza di essere una persona migliore. 
Forte, consapevole di quello che volevo essere e sicuro che lo sarei diventato. Presto o tardi.
Le mie letture adolescenziali giustificavano e alimentavano questa mia convinzione. 
I personaggi senza sfumature e i romanzi dove male e bene erano chiaramente distinti mi davano la sicurezza di cui avevo bisogno.
Le storie dai contorni meno definiti mi confondevano, perché minavano le mie certezze. 
E tuttavia ben presto cominciarono ad attirarmi anche di più.
Forse perché, crescendo e scontrandomi con la realtà della vita vera, ne apprezzavo l’autenticità.
Più probabilmente perché mi era più facile, ora, rispecchiarmi e trovare consolazione nei personaggi più complessi e tormentati, diciamo pure dei perdenti, sia pure con grande dignità. 
Sconfitti perché inadeguati a confrontarsi con le meschinità della vita.
Certamente perché erano storie meglio raccontate, e da scrittori più bravi.
Queste vicende, se pure mi inducevano un torpore in cui era piacevole e forse persino pericoloso crogiolarsi, mi confermavano nella mia illusione di unicità.
O almeno di originalità.
E ancora, davvero, mi accompagnava un sentimento di riscatto, una sorta di rivincita dalle avversità dell’esistenza che, se non era più paragonabile al fuoco sacro della giovinezza, bastava tuttavia a farmi sentire vivo, a restituirmi alla realtà, spogliato del candore che mi aveva accompagnato sino ad allora ma non meno determinato a trovare la mia strada.
Chissà, forse è questa la maturità.
Certamente una fase, forse lunga ma comunque destinata a esaurirsi.
Presto o tardi arriva il momento in cui la grandezza dei sogni ci appare in tutta la sua incongruità, perché stride ormai con quello che siamo, o non siamo, diventati. 
Per età, cultura, aspetto persino…
Perché nel frattempo ci siamo fatti troppo pigri o vigliacchi o semplicemente troppo impegnati a compiacere il capo o la moglie o i figli, insomma a vivere, per passare il tempo a inseguire delle chimere. 
Per ricordarci quello che volevamo essere. 
Anche allora, anche ora, la letteratura ci viene in soccorso offrendoci un riparo. 
Non più l’elettrizzante prospettiva di una vita desiderabile ma il tiepido abbraccio di un mondo parallelo, fittizio eppure perfetto. In cui possiamo trovare felicità e disperazione, ricchezza e miseria, grandezza e mediocrità. 
Ma in cui, a differenza della vita vera, tutto e tutti, le esistenze più balorde e i personaggi più anonimi, acquistano una dignità e una fierezza rassicuranti.
Insomma, se prima la letteratura era la via di fuga che mi restituiva alla realtà carico di volitiva irrequietudine, ora il suo lascito è una densa e penetrante nostalgia. 
Nella più incurabile delle sue forme, quella per un posto mai visitato veramente.
Forse la mia vita non è così male, agli occhi di pochi o molti o persino ai miei. Ma in cuor mio so che vorrei essere altrove, vorrei esser in una di quelle pagine su cui a lungo ho indugiato. 
E magari guardare all’altro me, quello chino e assorto, e chissà, trovarlo interessante. 
Anche solo un poco. 
Basterebbe.