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Numero 14



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I sogni son desideri?

Il dottor Freud a Parigi. In questa intervista immaginaria sullo sfondo della capitale francese il padre della psicanalisi si confessa. E ci racconta vizi e virtù di quel mondo onirico di cui ha una certa esperienza...

di Giulio Crotti



Diversi anni fa mi trovavo di nuovo a Parigi per una brevissima vacanza ed ebbi modo di rendermi utile ad una connazionale, una giovane insegnante d’arte di un liceo di Milano che, alla sua prima esperienza nella capitale francese, aveva sopravvalutato il proverbiale buon carattere dei parigini e si era lasciata derubare della costosa macchina fotografica. La gendarmeria locale, per pigrizia, ignoranza o sciovinismo, non faceva il minimo sforzo di comunicare in alcuna lingua che non fosse il francese e fu così che io entrai in scena, anche se naturalmente l’oggetto del furto non venne mai recuperato.


La cosa in sé sarebbe di scarsissimo interesse (eccetto che per me s’intende), se non fosse che, per mostrarmi la sua gratitudine, la sfortunata turista volle invitarmi a colazione al vicino caffé Les deux Magots in Saint Germain des Prés, del quale peraltro ero un assiduo frequentatore. Da lì decidemmo poi di fare una passeggiata lungo la rive gauche e indugiare presso le bancarelle dei bouquinistes, tra il Pont des Arts e il Pont Neuf. Non so bene come accadde ma, mentre chiacchieravamo, uno di noi due, forse io, incidentalmente nominò Freud e tanto bastò che uno dei librai, uditoci, ci costrinse letteralmente a seguirlo per sottoporci  un documento unico. Sebbene fossi scettico, più per gentilezza che altro, mi mostrai interessato, cosa di cui mi pentii subito perché la mia nuova amica, evidentemente ancora desiderosa di sdebitarsi, volle farmi dono di quelle poche carte sgualcite.
Più tardi in albergo esaminai quei fogli dattiloscritti in tedesco e mi avvidi che erano accompagnati da una nota posticcia in cui venivano identificati come una trascrizione dell’intervista che Freud diede alla BBC nel 1938, un anno prima di morire. Insomma, un documento certamente interessante ma tutt’altro che inedito, sicché non mi curai di tradurne il contenuto.

Anni dopo, a Londra per lavoro, incontrai in un pub un vecchio compagno d’università che aveva fatto uno stage alla BBC e ora vi lavorava stabilmente occupandosi della digitalizzazione dell’imponente archivio radiofonico. Mi ricordai del documento in mio possesso e gliene parlai, promettendogli che gli avrei spedito una copia in formato pdf al mio rientro in Italia. Cosa che feci in effetti alcuni giorni dopo e… sorpresa, il testo non corrispondeva affatto a quello della famosa intervista. Non solo, ma il mio amico affermava che, con ogni probabilità, la mia versione era di parecchi anni antecedenti al 1938.

A tutt’oggi non conosco la reale provenienza di quelle pagine e soprattutto non posso giurare sulla loro autenticità. Certo potrebbero essere un falso. E tuttavia, chiunque (ne) sia l’autore, esse rivelano una conoscenza ( di più,) una confidenza e una passione per la materia trattata che meritano rispetto e considerazione.

Che dire, leggete e fatevi la vostra opinione…


Dottor Freud, Lei deve senza dubbio gran parte della sua notorietà ai suoi studi sui sogni e alla loro interpretazione, anche e soprattutto come metodo di indagine nella comprensione e cura delle patologie dei suoi pazienti. Perché per alcuni è così difficile ricordare i propri sogni?

Innanzitutto bisogna dire che è proverbiale che i sogni svaniscano al mattino. Possono naturalmente essere ricordati; infatti noi conosciamo i sogni per il ricordo che ne abbiamo quando siamo svegli. Ma spesso abbiamo l’impressione di aver ricordato il sogno solo in parte e sosteniamo che era più lungo di notte. D’altra parte, accade a volte che i sogni mostrino una straordinaria persistenza nella memoria. Tra i miei pazienti ho analizzato sogni che avevano fatto venticinque e più anni prima. Tutto ciò è assai strano e non immediatamente comprensibile. Tutte le cause che provocano dimenticanze nella vita da svegli, agiscono anche sui sogni. Quando siamo svegli dimentichiamo regolarmente innumerevoli sensazioni e percezioni (immediatamente), perché erano troppo deboli o perché l’eccitazione mentale conseguente era (troppo) insufficiente. Lo stesso vale per molte immagini oniriche: vengono dimenticate perché troppo labili, mentre le immagini più forti che sono accanto a loro vengono ricordate.

Quando siamo ansiosi di discolparci da qualche ingiusta accusa, specialmente se si riferisce ai nostri scopi e alle nostre intenzioni, usiamo spesso la frase “non me lo sognerei nemmeno”.

Precisamente. In tal modo esprimiamo (, da una parte,) la sensazione che la regione dei sogni sia la più remota e l’ultima di cui rispondiamo per i nostri pensieri, poiché i pensieri in quella regione sono così debolmente collegati con il nostro vero io da poter essere difficilmente considerati nostri.

E quindi, invertendo l’ordine delle cose, si può dire a ragione che nei sogni facciamo cose che non oseremmo mai fare da svegli?

Kant esprime la stessa idea in un passo della sua Antropologia in cui dichiara che i sogni sembrano esistere proprio per mostrarci la nostra natura nascosta e per rivelarci non quello che siamo, ma che avremmo potuto essere se fossimo stati allevati differentemente. D’altro canto Radestock afferma invece che i sogni non fanno altro che rivelarci ciò che noi non vorremmo ammettere e che è quindi sleale da parte nostra stigmatizzarli come bugiardi e ingannatori. Potremmo continuare a lungo con le citazioni e ci accorgeremmo che le varie teorie differiscono nel fatto che scelgono l’una o l’altra caratteristica del sogno come essenziale e la prendono come punto di partenza per le loro spiegazioni e correlazioni. Queste e altre asserzioni sono certamente interessanti ma non possono costituire un punto d’arrivo. Per quanto mi riguarda, lo scopo che mi sono proposto è quello di dimostrare che i sogni sono suscettibili di spiegazione. Inoltre io affermo che i sogni hanno realmente un significato e che è possibile un procedimento scientifico per la loro interpretazione.

Anche quelli più assurdi?

Tutti i sogni sono fenomeni psichici pienamente validi e cioè sono la soddisfazione di desideri (,) elaborati da un’attività mentale estremamente complicata. Badi bene, sono ben lontano dal cercare di sostenere che sono il primo autore ad avere l’idea di far derivare i sogni dai desideri. Coloro i quali attribuiscono una qualche importanza a queste anticipazioni possono risalire sino all’antichità classica e trovare Erofilo, il medico che visse sotto il primo Tolomeo.

Certo è difficile sostenere che i sogni angoscianti siano adempimenti di desideri…

Non lo è se pensiamo che la mia teoria non si basa sulla valutazione del contenuto manifesto del sogno, ma si riferisce ai pensieri che si rivelano attraverso il lavoro di interpretazione. (, come celati dietro il sogno). Allora sussiste la possibilità che i sogni penosi e di angoscia, una volta analizzati, si rivelino appagamenti di desideri. E’ quello che io chiamo il fenomeno della deformazione dei sogni.

Un po’ come lo scrittore politico che deve dire delle verità sgradevoli a coloro che detengono il potere….

(ride…. n.d.i.) Sì, qualcosa del genere….

A parte gli scherzi, dunque la sensazione spiacevole che ricorre nel sogno non esclude l’esistenza di un desiderio.

Esattamente. Tutti abbiamo dei desideri che preferiremmo non svelare ad altre persone e desideri che non ammettiamo nemmeno di fronte a noi stessi. Per questo interviene quella che io chiamo la deformazione onirica, un autentico atto di censura. Quindi, perfezionando la mia affermazione iniziale, il sogno è l’appagamento mascherato di un desiderio rimosso o represso.
Forse può aiutare la comprensione pensare a una caratteristica dei sogni che è quella di attingere a impressioni che risalgono alla primissima infanzia e che non sembrano accessibili alla memoria. 

Capisco. Da piccolo auguravo spesso la morte alla mia sorellina…

(SF non nasconde un moto di soddisfazione, sorride sbuffando il fumo del suo sigaro in ampi anelli) Proprio così: questo è quello che io definisco un sogno tipico. Anche se ricorre in una persona adulta che i(n esso stesso o) durante il sogno stesso o al risveglio prova per il suo contenuto un forte dolore, io sostengo che alla base vi sia il desiderio che la persona in questione muoia. Ma attenzione, non impiegherei mai il sogno come prova che egli desidera la morte di quella persona in quel momento. La teoria dei sogni non richiede tanto;  basta la deduzione che questa morte è stata desiderata una volta o l’altra durante l’infanzia del sognatore. E Lei mi ha appena ricordato che i bambini sono completamente egoisti, sentono intensamente le loro necessità e lottano spietatamente per soddisfarle, specialmente contro i rivali, gli altri bambini, e prima e soprattutto contro i fratelli e le sorelle. Inoltre nel bambino l’idea della morte non ha molto in comune con la nostra, (tranne il termine.) Essi ignorano gli orrori della decomposizione, del gelo nella tomba fredda, del terrore del nulla eterno…

Va bene, ma come spiegare i desideri di morte nei confronti dei genitori, che li circondano di affetto e soddisfano le loro necessità?

Ottima domanda. Si può intanto osservare che i sogni di morte dei genitori si applicano con maggiore frequenza al genitore dello stesso sesso del sognatore. Non posso pretendere che ciò sia universalmente vero, ma lo è nella maggioranza dei casi. Grosso modo è come se si provasse nei primi anni una preferenza sessuale, come se i ragazzi considerassero i padri, e le ragazze le madri, dei rivali in amore, la cui eliminazione non potrebbe non avvantaggiarli. Nel caso di soggetti psiconevrotici, questa supposizione trova conferma con certezza assoluta. In base alla mia esperienza i genitori hanno la parte più importante nella vita psichica di tutti i bambini che contrarranno una malattia psichica

Re Edipo uccise suo padre Laio e sposò sua madre Giocasta.

Me l’aspettavo… Nell’Edipo, l’infantile fantasia di desiderio su cui l’opera si accentra viene evidenziata e portata a compimento come nel sogno. In un’altra opera tragica, l’Amleto di Shakespeare la fantasia resta rimossa e la sua presenza ci è rivelata unicamente, come avviene in una nevrosi, dagli effetti inibitori che ne sono la conseguenza. Stando alla concezione ancora oggi prevalente, che dobbiamo a Goethe, Amleto starebbe a raffigurare il tipo d’uomo nel quale il soffocante lavorio della mente neutralizza l’impulso ad agire. Amleto può tutto fuorché compiere la sua vendetta su colui che ha eliminato il padre prendendone il posto, sull’uomo che ha realizzato i suoi desideri infantili rimossi.
Tornando dal particolare al generale, in questi sogni si verifica una condizione molto rara per cui il desiderio rimosso elude completamente la censura e passa nel sogno senza alterazione. E per contro, proprio tornando all’esempio di Amleto, vediamo chiaramente lo scopo per cui le censura esercita la sua funzione: per impedire cioè il prodursi di angoscia o di altre forme affettive penose.

Ed è sempre la censura a rendere a volte così complicati determinati sogni?

È un po’ più complicato di così. Si possono distinguere due funzioni separate dell’attività mentale durante la costruzione di un sogno: la produzione dei pensieri di un sogno e la loro trasformazione nei contenuti del sogno. I pensieri del sogno sono interamente razionali e sono formati con l’impiego di tutta l’energia psichica di cui siamo capaci. D’altra parte, la trasformazione dei pensieri inconsci nel contenuto del sogno, è caratteristica della vita onirica. Il lavoro onirico non è semplicemente più disattento, più irrazionale, più dimentico e più incompleto dl pensiero da svegli, ma differisce totalmente da esso: non pensa, non calcola, non giudica in alcun modo. Si limita a dare alle cose una nuova forma. Il prodotto, il sogno, deve principalmente eludere la censura e, a tale scopo, il lavoro onirico si serve di uno spostamento di intensità psichiche, che può arrivare al punto di una trasvalutazione di tutti i valori psichici.

Allora tutti i sogni possono essere interpretati?

Devo rispondere negativamente a questa domanda. Non si deve dimenticare che nell’interpretazione del sogno siamo ostacolati dalle forse psichiche responsabili della sua deformazione. È quindi questione di forze relative se, nell’interpretazione del sogno, il nostro interesse intellettuale, le nostre conoscenze psicologiche e la nostra pratica riescono a dominare le resistenze interne. È sempre possibile arrivare fino a un certo punto, in ogni caso fino a convincerci che il sogno è una struttura con un significato, e in genere anche fino ad avere un’idea sul suo significato. Spesso c’è una parte anche nel sogno interpretato più a fondo che dev’essere lasciata oscura; ciò avviene perché ci rendiamo conto durante il lavoro di interpretazione che a qual punto c’è un nodo di pensieri che non può essere districato e che inoltre non aggiunge nulla alla nostra conoscenza sul contenuto onirico. Questo è l’ombelico del sogno, il punto dove si immerge nell’ignoto. E tuttavia, l’interpretazione dei sogni rimane la strada maestra verso la conoscenza delle attività inconsce della mente.

Dopo quest’ultima frase, pronunciata con una certa solennità, il dottor Freud appoggia con un unico rapido gesto entrambe le mani alle ginocchia (senza tuttavia abbandonare mai il sigaro, che ha continuato a fumare per tutto il tempo della nostra conversazione). È il suo modo di dirmi che il tempo a disposizione è terminato. Ci alziamo e ci stringiamo la mano salutandoci cordialmente.