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Numero 13



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Le biblioteche scomparse

La storia dell'umanità è anche la storia della distruzione di interi patrimoni letterari sottratti per sempre al futuro. Uno dei casi più famosi è quello dei libri di Alessandria, ma ci sono moltissimo altri esempi che attraversano le epoche accomunati da un triste segno. Quello degli attentati alla cultura e al suo patrimonio.

di Donatella Plastino

La storia dei popoli viaggia nel tempo attraverso il racconto orale e il ricordo.
Per non smarrirsi lungo la via, si è lasciata fissare su tavolette di argilla, papiri, pergamene, per giungere, infine, sui supporti digitali. Ma la storia dei popoli e della vita delle genti, ad oggi, è principalmente racchiusa nei fogli di carta, custodi silenziosi dell'immane tesoro.

Per questo, attorno ai libri e alle librerie, vi sono uomini che studiano e lavorano per garantirne la conservazione, consci di come le memorie documentarie siano importanti per conoscere la nascita dei Paesi, sbirciare tra le differenze culturali, comprendere l'origine delle ideologie, scovare gli errori e i successi della storia umana.
La trasmissione del patrimonio storico-culturale tramite scrittura ci aiuta da secoli a non perdere le conoscenze acquisite, a lasciarle circolare e a diffonderle presso le generazioni presenti e future.
Noi e il nostro presente siamo figli di eventi e decisioni antiche, siamo frutto del sapere accumulato nel corso dei secoli. Per capire e conoscere noi stessi, è necessario recuperare i perché e le storie che ci hanno preceduti.

L'arte di proteggere i libri e i loro contenuti, combatte da sempre contro la violenza umana e le catastrofi naturali.
Pensiamo ai terremoti, ai maremoti o alle eruzioni vulcaniche; o ai tarli e ai roditori che amano prolificare proprio nei legni delle biblioteche.

Tra i casi recenti di grosse catastrofi naturali rientra a pieno titolo lo Tsunami che, il 26 dicembre del 2004, colpì le popolazioni civili del sud-est asiatico.
L'azione combinata di maremoto e terremoto fu devastante e molti Paesi, tra quelli non colpiti, si mobilitarono per inviare aiuti umanitari ai villaggi costieri e del primo entroterra asiatico; quand'ecco giungere dalla Biblioteca Nazionale dello Sri Lanka, forse lo stato più ferito, un accorato appello per richiamare l'attenzione sulla rete di biblioteche spazzate via dal disastro naturale.
La NLDC (National Library and Documentatio Centre) ha voluto segnalare al resto del monto come la perdita della memoria collettiva bruciasse quanto la perdita degli oggetti materiali. Non sono il presente, ma anche la storia scritta del Paese era stata depredata; il ripristino delle infrastrutture ed il recupero dei libri venivano considerati necessari quanto le altre attività di ricostruzione.

Le catastrofi naturali non risparmiano nemmeno i Paesi più avanzati, come gli Stati Uniti, colpiti dall'uragano Katrina nell'agosto 2005. Il quinto uragano più forte della storia degli USA, oltre ai morti e ai feriti, ha distrutto il patrimonio contenuto da molte biblioteche di diverse zone: dall'Alabama alla Louisiana, dal Mississippi alla Florida.
Anche qui, la fase di ricostruzione ha riservato dei fondi speciali per il ripristino delle strutture e il recupero dei volumi, ed in molte occasioni è stata ribadita l'importanza degli interventi a favore della cultura.

Tuttavia, sappiamo bene che i disastri naturali non sono la causa principale della devastazione delle biblioteche; spesso, il vero nemico, sono le azioni volontarie dell'uomo.

E così annoveriamo biblioteche distrutte e bruciate per annullare ed estirpare la cultura di chi è diverso, memorie offuscate per riscrivere pezzi di storia al fine di proclamare una supremazia o un dominio.
La storia delle biblioteche distrutte è vecchia quanto il libro stesso.

Pensiamo al saccheggio di Tebe, nel 1358 a..C, quando Akhenaton attaccò la biblioteca della città per annientarne la storia religiosa ed introdurre il monoteismo.

Oppure, come non ricordare la più grande distruzione del sapere del mondo antico, quella della Biblioteca di Alessandria, la cui rovina non avvenne in un unica data. Le prima grande parte dei volumi fu devastata accidentalmente da Cesare quando mise piede in Egitto; poi toccò ad Aureliano, che nel 270 intervenne per sopperire la rivolta di Palmira e che nel corso del conflitto distrusse quasi completamente il palazzo reale. Secondo alcuni storici, la distruzione definitiva è da ricondurre attorno al 400, a causa dell'Imperatore romano Teodosio, nel suo tentativo di estinguere la civiltà pagana ostile al cristianesimo. Infine, secondo altre ipotesi, c'è da aggiungere anche l'intervento degli arabi guidati dal Califfo Oman, attorno al settimo secolo d.C. Un'insieme unico di conoscenze universali spazzato via per sete di dominio e desiderio di distruzione.

Da allora, di biblioteche annientate ed oltraggiate in tempo di guerra ne è piena la storia. Dai cristiani ai musulmani, dai conquistadores ai crociati, spesso per motivi politici o religiosi. Nei periodi di guerra, tra i bersagli, le biblioteche non mancano mai.
Tra i casi più recenti degli ultimi anni c'è sicuramente la Biblioteca di Baghdad, saccheggiata e distrutta da vandali il 14 aprile del 2003, sotto l'occhio impotente dell'esercito americano. A Baghdad venivano custoditi volumi antichi e libri rari di letteratura araba, un prezioso patrimonio culturale in gran parte perduto.
Anche la guerra nei paesi balcani ha lasciato dietro di se un rogo doloroso.
In molti ricorderanno la distruzione, da parte dei serbi, della Biblioteca Nazionale e Universitaria di Sarajevo, la Vijecnica, diventata il simbolo della devastazione della città e di tutta la Bosnia-Erzegovina.
Circa un milione e mezzo di libri andati distrutti, un patrimonio perduto a cui appartenevano tomi rari, manoscritti e periodici, oltre ai cataloghi delle collezioni. La Vijecnica, unico ed immenso archivio nazionale, arse per tre giorni a partire dal 25 agosto del 1992, e la sua distruzione entrò nel cuore di tutti i cittadini come la più grande catastrofe del Paese. Si perdeva la propria cultura, si perdeva un simbolo storico del panorama cittadino, un palazzo bellissimo raffigurato su tutte le cartoline ricordo. Una danno per Sarajevo, per la Bosnia e per tutta l'area jugoslava.

Spesso, dagli incendi dei libri prendono il via distruzioni umane. Ne sanno qualcosa i nazisti, che il 10 maggio del 1933 diedero il via ad una serie di roghi atti a bruciare migliaia di opere e volumi non conformi allo spirito tedesco. Il primo e grande falò avvenne in Piazza dell'Opera a Berlino, sotto lo sguardo compiaciuto di Joseph Göbbels, il Ministro della Propaganda. Le fiamme di Berlino bruciavano la “menzogna” dei libri contrari per “purificare” le biblioteche tedesche dai libri ebrei. La propaganda Nazista acquistò forza anche dal rogo culturale delle opere di 94 scrittori tedeschi e 37 stranieri, punto di partenza per la creazione della camera della cultura, atta a controllare l'informazione scritta e le realizzazioni artistiche.
Seguirono roghi di libri nell'intera Germania e poi i roghi di uomini. Dove si annulla la cultura, si annulla anche l'essere umano.

La storia dei libri è piena di uomini che li distruggono, che ne cancellano le tracce attraverso il fuoco, dove nulla rimane e nulla è recuperabile. Ciò che non lascia traccia, non può essere ricostruito.
I libri, e le loro narrazioni, bruciano da sempre; usurpati per usurpare, subiscono oltraggi al fine di umiliare e annullare la multiculturalità e le idee. E ogni volta è un po' come perdere pezzi di noi stessi; una libreria perduta è un vuoto che non può essere colmato. Assieme alla carta, c'è una parte di noi che diventa cenere disperdendosi nell'etere. Parole scomparse, memorie perdute, poesie dimenticate, sogni e speranze distrutte. Non sbaglia chi lo definisce un crimine contro l'umanità.

Dai nazisti ai serbi, dai cristiani agli arabi, il nemico è la cultura, e il libro che la incarna nella sua forma permanente e duratura, diventa il primo bersaglio della distruzione; di conseguenza, le biblioteche, facili da identificare, ardono, in tempo di guerra, assieme all'identità dei popoli.

Fermare i conflitti e gli atti vandalici è speranza utopica, ma è nostro preciso compito custodire e salvaguardare il contenuto di libri, manoscritti, riviste e giornali del nostro tempo.
E se nell'antichità fu fondamentale il lavoro di trascrizione dei testi, per non perdere quei libri che diventavano inutilizzati perché scritti in una lingua o un idioma non più di uso comune, oggi potrebbe essere importante trasferire la nostra storia cartacea e gli archivi in digitale, dando vita a librerie online accessibili a tutti; per non ritrovarci nuovamente a bruciare smarrendoci nell'etere.