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Numero 9



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Quando la libreria sposa la  galleria

Amedeo Bruccoleri è un veterano del mondo editoriale. Ha cambiato “maglia” diverse volte, sempre spinto dalla passione per i libri: Stampa Alternativa, Castelvecchi, dove ha lanciato autori di grande risonanza come Marco Lodoli, Aldo Nove e Isabella Santacroce, ufficio stampa di minimum fax, per citare solo alcune delle sue esperienze più significative. Adesso è passato all’anello finale della catena del libro, intraprendendo, assieme alla moglie Irma, una nuova avventura, chiamata Libreria Capalunga. E per farlo ha scelto di tornare nella sua Sicilia, terra di magia e suggestioni. 

di Lorenzo Bianchi



Fin dai primi minuti di chiacchierata con Amedeo, ho intuito subito che stavo parlando con un professionista dell’editoria. Uno che conosce gli ingranaggi della macchina del libro ma che si mantiene umile a dispetto della notorietà degli autori che ha contribuito a lanciare con il suo lavoro. Quando ci si avvicina a un libro si dà un’occhiata alla copertina, si legge il titolo, l’autore, la casa editrice. Però dietro alla pubblicazione di un testo c’è un lavoro “sotterraneo”, che non tutti conoscono: la correzione di bozze, l’editor, il consulente, l’ufficio stampa, il direttore editoriale. E poi i libri finiscono in libreria, il luogo di incontro con i lettori, il momento cruciale di un processo molto articolato. Adesso Amedeo è fuori dalla “costruzione” del libro, e si occupa di venderli, i libri, la sua passione di sempre.



Amedeo, per te è cominciata l’avventura Capalunga...

Sì. Per me è una grande soddisfazione essere riuscito ad aprire una libreria ad Agrigento, dove praticamente uno spazio del genere mancava da anni. Questa città può vantare autori di altissimo spessore come Sciascia, Pirandello e, più recentemente, Camilleri. Io e mia moglie Irma, che ha una grande passione per la letteratura fantasy, abbiamo deciso di intraprendere quest’avventura. Avevo voglia di condividere la passione per cultura con la mia terra.

Tu hai una larga esperienza nel settore editoriale. Quali sono state le tue esperienze più importanti?

Ho passato molti anni nell’editoria, e ne ho visto veramente di tutti i colori. Sono stato a Stampa Alternativa, alla Castelvecchi, dove, come ufficio stampa, ho lanciato scrittori come Aldo Nove, Marco Lodoli, Isabella Santacroce. Sono stato alla Shake edizioni e poi alla Meltemi, dove ho avuto la fortuna di lavorare con Marco Della Lena, la persona più corretta che abbia conosciuto in editoria.

Dal momento che conosci così bene questo settore, nessuno meglio di te può raccontarci lo stato attuale dell’editoria.

Personalmente ho lavorato in molte fasi del ciclo di vita di un libro: produzione, consulenza, ufficio stampa. I problemi dell’editoria sono principalmente due: il primo è il monopolio della distribuzione, dove tre gruppi atrofizzano il mercato e sono Mondadori, Rcs e Messaggerie, che hanno bloccato i piccoli editori. Tre catene proprietarie di negozi e spazi che vendono quello che distribuiscono. Faccio un esempio: Federico Moccia. La Feltrinelli era investita dai suoi libri. É chiaro che poi vende. I libri di una piccola casa editrice che produce opere molto belle come Cavalli di Ferro non hanno le stesse possibilità, e meriterebbe più spazio. Il secondo è la progressiva scomparsa di consulenti editoriali di spessore. Adesso non si va in libreria puntando sulla qualità di un prodotto, ma facendo un ragionamento legato al marketing. Prima si faceva un piano strategico editoriale, adesso si pensa a una strategia mediatica vincente. Una su tutte: gli infiniti libri che sono stati scritti sulla vicende di Anna Maria Franzoni. Se pensiamo che prima a fare il consulente editoriale c’era un certo Italo Calvino… questo dà la dimensione di come le cose siano cambiate.

Il lato meno amaro, forse, è che i piccoli editori sono costretti a puntare tutto sulle idee...

Le case editrici cosiddette minori puntano ovviamente sulla qualità e le intuizioni, come ha fatto Fanucci, la prima minimux fax, la stessa Cavallo di Ferro. Solo che in molti casi non è facile trovare i piccoli editori che producono opere di qualità. Poi spesso si affidano ad agenti che si imparano a memoria quattro nozioni il giorno prima. Ma un libraio competente se ne accorge subito.

Parliamo della tua libreria.
Capalunga è uno spazio di 90 metri quadri, dove lavoro con mia moglie e Luca, il nostro collaboratore, anche lui accanitissimo lettore. Abbiamo scelto di esporre i libri fronte-vista. Il 30% è dedicato ai libri commerciali, il 70% ai piccoli editori. 


E la tua clientela? 

É molto trasversale: ci sono diversi ragazzi dai 15 ai 25 anni che leggono e vengono nella mia libreria. É una fascia che si fa molto guidare dalle classifiche: ad esempio ho venduto moltissimo i libri di Federico Moccia. Poi c’è la clientela tra i 30 e i 40 che, invece, è molto colta. Sono lettori attenti e acquistano autori come Calvino, Bukowski, Orwell, McEwan. Spesso quindi si parte dai testi cosiddetti “commerciali” per poi evolversi e scoprire autori più “colti”.

Prima hai parlato delle grandi catene editoriali che soffocano i piccoli editori. Lo stesso accade per le librerie?

Più o meno le dinamiche sono le medesime. Tuttavia da due anni a questa parte c’è il ritorno della piccola libreria. In queste ultime c’è un rapporto più culturale tra cliente e libraio. Nelle grandi librerie invece c’è il rischio di perdersi tra i volumi, spesso accatastati negli spazi espositivi.

Raccontaci com’è la professione del libraio, attualmente.

Innanzitutto c’è una grande influenza della tecnologia. Adesso grazie ad internet è possibile aggiornarsi con più facilità. Il problema tuttavia è nell’iperproduttività del settore editoriale italiano: in poche parole, nel nostro paese si produce un numero di libri altissimo ed è impossibile stare dietro a tutto. Se sei un lettore molto forte, puoi leggere al massimo 200 libri all’anno e visto che in Italia ci sono 10000 editori… Il bello è che siamo la nazione europea che produce più libri, ma siamo anche penultimi in quanto a libri letti ogni anno. È un paradosso. Noi come librai siamo costretti a mediare: dobbiamo prendere quei libri che ci assicurano la sopravvivenza e selezionare altri libri in mezzo alle migliaia di testi che vengono pubblicati. La questione è che oggi è molto semplice fondare una casa editrice in Italia. Ma non dovrebbe essere così in quanto il mestiere dell’editore è difficilissimo e ci vuole una grande preparazione. Secondo me sarebbe necessario che i piani alti della politica istituissero una commissione di controllo sulla nascita di nuovi editori, che possa monitorare meglio il settore.

E il rapporto tra scrittore ed editore?

Quando si decide di pubblicare un libro, sono principalmente tre le parti interessate: editore, editor, scrittore. Nella prima fase quando l’editor è il tramite tra le restanti parti e il tutto è controbilanciato. Questa è la fase migliore, perché le parti collaborano, si possono instaurare ottimi rapporti. Quando il prodotto è pronto, progressivamente, l’autore si stacca dall’editor e comincia a dialogare direttamente con l’editore, e quest’ultimo fa lo stesso. E si crea un rapporto, la maggior parte delle volte conflittuale. Se prima si decide una strategia comune, a tre voci, poi tutto cambia, l’editor viene messo da parte e viene delegittimato del suo ruolo.

Non sei tanto tenero nei confronti del mondo editoriale…

Sinceramente le cose vanno di male in peggio ed è un mondo in cui non c’è riconoscenza. Quest’ultima viene scavalcata dall’ipocrisia.