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Numero 18



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editoriale:

Le parole dei blog

di Francesca Pacini
francescapacini@stylos.it


Di nuovo sui blog. Sì, perché si tratta di un mondo infinito, una galassia di dimensioni spropositate. Una blogosfera, appunto. 

Certo è che ne è stata fatta, di strada, da quando il blog era usato solo da ragazzini in cerca di lettori per le loro storie private. Le categorie sono ormai numerosissime. In pratica ci sono blog per tutti i gusti: politici, economici, aziendali, letterari, giornalistici, di costume, spirituali…
Ormai non si fa più a meno del blog. Ma bisogna saperlo usare. Chi naviga in rete si incaglia spesso anche in tanta mondezza. Ci si imbatte in resistibili spazi gestiti con qualunquismo e volgarità. E tuttavia, tuttavia anche questo fa parte di questo particolarissimo cosmo digitale che affianca, ormai, quello “reale”.

Penso a quanto si scrive, oggi.
Prima, perlomeno, erano solo gli aspiranti scrittori a impegnarsi a riempire pagine e pagine di memorie biografiche o romanzi inventati (più rari, questi). Ho lavorato per anni in un’agenzia letteraria e conosco bene l’esercito di manoscrittari che preme sulle case editrici. Ma ecco che adesso, con il dilagare del blog, l’esercizio della scrittura coinvolge tutti, anche chi non ha nessuna velleità editoriale.
E questo fatto merita una riflessione: oggi si scrive tantissimo. Il blog per molti è diventato un quotidiano esercizio di scrittura. E la scrittura modifica la nostra percezione del mondo, la rende più “fisica”, ne fissa latitudini e longitudini. Poco importa il mezzo che usiamo. Scrivere ogni giorno, o quasi, sul proprio blog fa sì che l’uso della parola – la parola scritta – accompagni e affini le nostre idee sul mondo. Chi fa della scrittura un mestiere sa bene cosa intendo.

Quando ti metti lì, e scrivi (scrivi qualunque cosa, da una newsletter aziendale a un articolo di giornale) il mondo intorno scompare, si fa rarefatto, migra nei territori luminosi delle parole, le infila in pensieri. A volte l’ispirazione detta le giuste parole, subito, con disarmante spontaneità, altre volte bisogna andarle a cercare, le parole, quelle birichine che si nascondo negli interstizi del pensiero, tutte rannicchiate per non farsi catturare.

Scrivere ogni giorno aumenta la confidenza e loro, le parole scritte, avanzano con più fiducia, ti vengono incontro come vecchie amiche per la solita pausa del tè. Certo, ci sono giorni bizzarri in cui fuggiranno di nuovo e faticheranno a farsi trovare, ma il legame consolidato le richiamerà intorno con una certa  celerità.
Ecco dunque che l’uso del blog ci mantiene vicini alla parola scritta, mantiene quel legame arcano che rischia ogni tanto di perdersi in una società gravida di immagini e suoni.
Sia il blog professionale (i corporate blog avanzano) che il blog “amatoriale” hanno una direzione comune, quella di una scrittura costante.

L’immediatezza di un post lo rende più appetibile del vecchio diario cartaceo, ormai in disuso. Ma, soprattutto, lo rende immediatamente fruibile da tutti. Sorprendente, entusiasmante. Così la voglia di scrivere si mescola alla voglia di comunicare, e miliardi di persone ogni giorno aprono il loro computer e scrivono, scrivono, scrivono…

Si dibatte molto sulla fragilità della parola digitale, sul suo appoggiare su modi e mezzi diversi.
Ma sono poi così diversi? O cambiano piuttosto soprattutto la velocità e la diffusione della scrittura?

Al di là delle eccellenti teorie che si fronteggiano sul campo, quando navigo e leggo un bel post penso che quelle parole siano semplicemente perfette. A volte la scrittura che dà loro vita riempie uno spazio piuttosto lungo, altre volte si tratta di qualche riga soltanto. Che importa? Se il lettore non si affatica, se legge il testo con partecipazione e leggerezza, e lo fa tutto d’un fiato, il risultato è raggiunto.
Al di là delle teorie, è l’efficacia della pratica che fissa i modi. Quando qualcosa “funziona” si sente. 

La scrittura sul blog è una pratica preziosa. Ho avuto modo di incrociare meravigliosi blog letterari, per esempio, e godere di scritture che altrimenti non avrei mai intercettato, scritture che sarebbero magari rimaste appuntate nei fogli sparsi di qualche cassetto, o addirittura rinchiuse in qualche fulgida mente. 
Il mondo tradizionale della carta fatica spesso nel confronto con le nuove forme offerte dalle tecnologie. 
Ma non è il caso di farsi la guerra o stabilire un dominio particolare. 
In fondo anche la parola scritta ha le ali, come i pensieri, e svolazza allegra sulle nostre teste. Posandosi dove vuole.