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Numero 5



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Il cittadino in Rete e la guerra




Antonio Tombolini ha fatto della Rete un efficacissimo strumento di comunicazione. Basta vedere il suo modo di raccontare e raccontarsi. Ha anche partecipato a Blogger di guerra, un blog collettivo dal quale però, a un certo, punto, è uscito.

di Valentina Paoloni
valepaoly@virgilio.it

 


Come è cambiata oggi l’informazione relativa alla guerra con l’uso sempre maggiore dei blog, tenendo conto che già dal 2003 questo nuovo mezzo di comunicazione “minaccia” il giornalismo tradizionale?

Non parlerei di "minaccia". Diciamo che i blog, con la loro capillarità e col loro linguaggio diretto, costituiscono piuttosto una "provocazione" per il giornalismo tradizionale: una provocazione ad abbandonare la pseudo-obiettività di cui amano spesso mascherarsi i giornalisti, ed una provocazione a tornare "sul campo" per cercare lì la notizia, piuttosto che aspettare le agenzie nella hall dell'albergo. Direi che nell'informazione "di guerra" questi meccanismi diventano ancora più evidenti. Da questo punto di vista c'è a mio avviso un ottimo esempio di come un giornalista professionista è riuscito a cogliere positivamente la provocazione dei blog: si tratta di Pino Scaccia, e del suo blog, La Torre di Babele.

Cosa pensi dei blog di guerra? Reputi che possano rappresentare un valido mezzo di comunicazione per descrivere tali circostanze così da soppiantare i mezzi comuni?

No, non da soppiantare, ma in modo da rappresentare un meccanismo di "controllo" e - quando necessario - di "controinformazione" rispetto all'informazione ufficiale ed "embedded".

Perché hai deciso di partecipare ai blog di guerra, e perché li hai abbandonati?

Decisi di partecipare a Blogger di Guerra perché l'idea, meritoriamente lanciata e portata avanti tutt'ora da Michele Marziani, mi sembrava, ed era, un'ottima idea: creare un luogo per raccogliere informazioni e opinioni plurali non tanto sulla guerra in generale, quanto sulle singole guerre in corso. Me ne andai, per la verità poco dopo, spiegando qui e qui le mie motivazioni. Detto in breve: quello che era nato come luogo di confronto e raccolta di diversi pareri si stava trasformando, con riferimento alla guerra in Iraq, in un blog militante, in cui le posizioni non-antiamericane venivano sì accolte e pubblicate, ma al prezzo di marchiare l'autore con lo stigma del provocatore, come usava fare nel velleitario rivoluzionismo degli anni 70 con chi si azzardava, appunto, ad offrire un parere diverso rispetto alla linea. Il blog, che era nato e aveva senso proprio in quanto non aveva una sua linea ufficiale si era trasformato in una specie di organo del partito antiamericano a priori, e questo naturalmente a me non andava.

Quali sono le caratteristiche basilari che i mezzi di comunicazione, in particolare i blog, dovrebbero avere per dar luogo ad una buona informazione in merito alle vicende belliche? 

Direi una sola: la trasparenza sull'autore (o sugli autori): occorre che si sappia chi scrive, dove vive, cosa fa. Insomma, sapere chi è. Non è una pretesa oggettività a dare autorevolezza alla fonte, ma la trasparenza massima possibile sull'autore, sulle sue idee, sulle sue posizioni. Siamo tutti parziali, parzialissimi: dichiarare con trasparenza da che parte stiamo diventa allora la maggiore garanzia per chi legge, che così può poi giudicare e farsi le sue opinioni. E il bello del blog è proprio questo: nessuno pretende da me, dal mio blog, che io sia imparziale. Ma pretendono da me, se voglio essere credibile, che io sia onesto, trasparente, corretto nel comunicare le mie idee e le mie notizie.

L’uso dei blog di guerra ha generato un tipo di informazione più soggettiva, scavalcando l’oggettività degli “addetti ai lavori”. Credi che questo aspetto sia vantaggioso o svantaggioso per l’informazione, tenendo conto del pericolo del “falso”?

Il pericolo del "falso" c'è sempre. Meglio dunque la parzialità dichiarata, che consente di controllare le fonti e di fare "la tara" a ciò che si legge, che non la pretesa di "imparzialità" di molta informazione ufficiale, dietro la quale si nascondono, senza possibilità e strumenti per smascherarle, innumerevoli falsità. O pensiamo davvero che i giornali "ufficiali" contengano meno falsità dei blog?

Come Internet ha cambiato la tua vita?

Ahiahiahi... la domanda richiederebbe troppo spazio. Risponderò solo rinviando a un mio scritto del 1999, Cosa cambia con Internet, che usai come prefazione alla traduzione italiana di un libro-cult per chi ama la rete, Cluetrain Manifesto. Lì c'è quel che Internet ha cambiato in me e quel che - credo - stia cambiando per tutti. Dovessi dire in poche parole qual è l'effetto più grande di Internet in tutti i campi, dalle relazioni personali al business all'arte ecc., allora ecco, direi che questo effetto consiste nel porre di nuovo l'amore al centro di tutto. Detto così, mi rendo conto, suona molto new age, ma la cosa è molto seria. Per approfondirla, se volete, provate a leggerla lì, in quel mio vecchio, vecchissimo, primitivo scritto... del secolo scorso! :-) 


http://www.antoniotombolini.com

La Torre di babele
http://www.pinoscaccia.splinder.com

Blogger di guerra
http://www.bloggerdiguerra.splinder.com