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Numero 4



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Istantanee d'autore





Marco di Marco è un redattore di minimum fax, una casa editrice sempre all'avanguardia, che annusa - come un segugio - le novità metropolitane, italiane e non, legate alla narrativa contemporanea. Con una particolare predilezione per il racconto,  che rimane comunque il genere letterario più congeniale a Marco Cassini, il direttore, e al suo compattissimo gruppo.
Marco ha iniziato a muovere i suoi passi nel mondo editoriale dopo aver frequentato un corso di redazione diretto da Francesca Pacini, con la quale ha  poi lavorato come redattore nell'ambito dell'agenzia letteraria e della rivista in cui all'epoca lei lavorava.  
Parallelamente, in quel periodo Marco faceva uno stage a minimum fax  in quanto Francesca durante il corso si era accorta della sua "cotta" per Marco Cassini e li aveva messi in contatto. Dopo un po', lo stage si è trasformato in una vera e propria collaborazione. Marco Di Marco e Marco Cassini hanno infatti stretto un felice sodalizio professionale e non (si è anche tutti amici, a minimum fax).
Oggi Marco è un redattore a tutto tondo. Ultimamente ha anche pubblicato un racconto su Voi siete qui, l'ultima antologia di narrativa italiana pubblicata dalla casa editrice romana.
Voi siete qui riproduce un affresco variegato di sedici giovani esordienti, con l’intento di fornire un’indicazione sull’attuale panorama letterario, estremamente composito per sperimentazione stilistica, tematica e di ambientazione. 

di Raffaella Sirena



Come sei finito nell’antologia Voi siete qui

È nato tutto per caso. Da tempo avevo scritto una serie di racconti e uno di questi era stato pubblicato su Nazione Indiana (un blog letterario tra i più attivi in Italia, nonché un luogo di dibattito apertissimo sulla cultura e sulla letteratura). Mario Desiati aveva letto questo racconto e gli era piaciuto, perciò nel momento in cui è stato incaricato di fare il curatore per questa antologia mi ha proposto di inserire Muovendoci come gechi. È andata così. E devo dire che è andata molto bene. 

Qual è il denominatore comune di una raccolta con stili così eterogenei? 

Quando io e Mario Desiati ci siamo trovati a organizzare l’antologia, e quindi a dover decidere un tema, un percorso specifico, ci siamo resi conto che trovare un unico filo conduttore poteva essere limitante. La nostra decisione è stata quella di fare un monitoraggio completo delle promesse letterarie italiane, prendendo in esame la più vasta gamma possibile di scritture e tipi di storie, all'interno delle quali abbiamo scelto quelle che ci sembravano più rappresentative. Il fine ultimo era quello di comporre un mosaico, diverso di tessera in tessera, che nel suo complesso costituisce il puzzle delle possibili scritture future. Dunque il filo rosso che lega i racconti è la loro eterogeneità, sia dal punto di vista stilistico che del plot narrativo. 

Ti occupi della selezione dei testi per la collana “Nichel”, ci racconti le tematiche tipiche degli esordienti? 

Io collaboro con Nicola Lagioia, che è il direttore della collana, nella scelta di racconti, romanzi, libri e di tutto ciò che pubblichiamo in Nichel. Alla minimum fax  c’è un discorso molto corale sulla decisione delle cose da pubblicare, al di là delle letture che facciamo personalmente, ci confrontiamo tra di noi e anche con Christian Raimo, che è il responsabile della collana di controinformazione Indi. Questo tipo di atteggiamento costituisce per noi una garanzia di ulteriore qualità perché riusciamo a mettere insieme punti di vista differenti.
Con Nichel portiamo avanti un doppio binario, da un lato la ricerca forsennata delle nuove promesse, dall’altro cerchiamo di impreziosire il nostro catalogo di narrativa italiana con autori già affermati. Attualmente per noi è stato un grande orgoglio aver pubblicato lo scorso ottobre Antonio Pascale, che è uno scrittore Einaudi. Siamo contenti perché ci ha dato parecchie soddisfazioni sia dal punto di vista della critica che delle  vendite. 

Su cento dattiloscritti che arrivano nella vostra casa editrice quanti sono pubblicabili? 

Per noi dire pubblicabile è diverso dal dire lo pubblichiamo: la nostra collana di narrativa ha un dato numero di titoli pubblicati ogni anno. Per ora siamo intorno ai cinque/sei titoli italiani all’anno, questo anche perché è difficile seguire un numero elevato di esordienti che necessitano di un maggiore dispiego di energia, soprattutto per quanto riguarda la promozione stampa.
Magari su cento dattiloscritti anche una decina sarebbero pubblicabili però, tenendo conto delle nostre possibilità, la statistica si abbassa notevolmente.
Certo, dei circa milleseicento manoscritti che riceviamo ogni anno, una buona percentuale è decisamente impubblicabile, sia perché si tratta di materiale qualitativamente basso sia perché non rientra nella nostra linea editoriale. Ovviamente c’è anche una percentuale di opere che potrebbero essere pubblicate, magari si tratta di autori di cui si percepisce il talento e la cui scrittura andrebbe coltivata. Quando possiamo cerchiamo di incoraggiare queste persone, scrivendo loro direttamente e chiedendo magari di inviarci, se lo desiderano, materiale in futuro. Del resto credo che questo sia un dovere di chi lavora nel settore culturale. 

Perché l’editoria italiana fatica a trovare nuovi talenti per i racconti? 

Sicuramente esiste una forte diffidenza nei confronti delle raccolte di racconti sia da parte dei lettori che degli editori. Questo accade meno nei paesi anglo-americani, al contrario da noi il racconto è sempre visto come una forma di serie B di letteratura. Ovviamente non sono d’accordo con questa visione, io credo che il racconto sia un genere letterario a sé stante. Mi viene in mente un racconto di Calvino intitolato Una tranquilla giornata di marzo dove l’autore in sole quattro pagine riesce a descrivere l’uccisione di Cesare e, al tempo stesso, a fornire un affresco spettacolare della Roma di quel tempo. Del resto, Cechov ha teorizzato una distinzione tra scrittori di romanzi e scrittori di racconti. Io non so se ancora oggi siano valide questo tipo di categorie, ma questo senz’altro testimonia come al racconto sia riconosciuta una sua valenza autonoma, anzi se vogliamo quella di condensare in poche pagine la caratterizzazione di un personaggio o la narrazione di una storia è impresa ancora più encomiabile.  Un racconto per essere bello deve essere perfetto, mentre per il romanzo questo può non accadere.
 
Internet e web hanno influenzato la selezione di questi esordienti , ce ne parli? 

Con il web è diventato più facile mostrarsi perciò, se pensiamo alla rete come a una grande vetrina, questo significa che c’è più spazio per farsi notare. Di conseguenza, se si vuole fare un’indagine completa della scena letteraria contemporanea bisogna necessariamente leggere, oltre alle riviste cartacee, anche le riviste online o i blog letterari. 

In che direzione si muovono le nuove tendenze americane? 

La minimum fax fin dalla sua nascita è stata sempre legata alla letteratura americana contemporanea. Conferma di questo legame è il fatto che Martina Testa, la nostra editor della letteratura straniera, è tra le migliori traduttrici dall’inglese  attualmente presenti in Italia.
La maggior parte delle nostre pubblicazioni all’interno della collana Sotterranei risente fortemente dell’influenza della letteratura post-moderna. Abbiamo cercato autori che mettessero in risalto le contraddizioni interne della società americana, autori che comunque hanno contribuito a smontare l’immagine del sogno americano dimostrando come esso in realtà fosse un incubo. In ogni caso anche all’interno della collana che si occupa di letteratura americana coesistono più anime. Diciamo che anche in questo caso ritorna il carattere dell’eterogeneità. In questi ultimi anni, infatti ci siamo aperti anche verso la letteratura inglese, francese e russa.
Gli autori americani del nostro tempo restano, senza dubbio, l’obiettivo principale ma, per un discorso di continuità, accanto a questi ci occupiamo di ripubblicare i migliori romanzi degli anni ’60 e ’70


Il mestiere di scrivere quali sfide deve affrontare? 

Quando penso alla scrittura per prima cosa considero il talento che ne sta alla base, poi ovviamente si tratta di coltivare la tecnica. Indubbiamente per formarsi è indispensabile leggere molto e allenarsi attraverso le tecniche di comprensione e analisi del testo. Ad esempio per alcuni autori riveste un’importanza centrale la struttura del racconto, mentre per altri il fulcro principale è dato dalla descrizione delle psicologie dei personaggi.
In ogni caso, per quanti si avvicinano al mestiere di scrivere si tratta di potenziare le attitudini, di capire a quale tipo di scrittura ciascuno può e vuole appartenere. 

Negli ultimi mesi si è parlato in diverse occasioni del mondo dell’editoria, ad esempio lo scorso dicembre durante la Fiera dell’Eur Più libri più liberi, secondo te il quadro che emerge è in qualche modo incoraggiante per chi gravita attorno al mondo letterario?

Ritengo che questi eventi siano sicuramente utili e importanti. Questo anno a Roma si è registrata una grande affluenza di gente. Mi sembra un dato incoraggiante. Comunque nonostante sia cresciuto il numero di visitatori, la comunità che gira intorno ai libri è sempre più o meno la stessa. I lettori forti, quelli che seguono il mondo dell’editoria e le pubblicazioni migliori, alla fine non sono poi molti. Ovviamente maggiori sono le possibilità di incontrare quanti lavorano nel settore della cultura, partecipare a conferenze o presentazioni, maggiori sono di conseguenza le probabilità che nuovi elementi entrino a far parte di questo circolo virtuoso.