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Numero 4



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Linguaggi e scritture nel terzo millennio



Mercurio che cammina, Giacomo Balla


di Francesca Pacini



Non è casuale, la scelta di questa copertina. Mercurio che cammina suggerisce infatti una serie percorsi simbolici in stretto rapporto con l’argomento scelto per questo dossier.
Del resto l’autore stesso, Giacomo Balla, è un esponente dell’avanguardia futurista che introdusse – attraverso la frattura, la decomposizione, il salto “quantico” - la modernità in un sistema che ancora oggi è attraversato dall’audacia di quell’arte che usava un grimaldello per forzare le porte del nuovo.
Se il futurismo ha imposto la revisione dei vecchi sistemi di una società improvvisamente scossa da modi diversi di intendere la vita e l’impegno, è anche vero che oggi, a distanza di anni, il segno e il simbolo hanno subito un’accelerazione esponenziale dovuta ai molteplici usi e supporti, mentre nello stesso tempo l’uomo ha smarrito la coscienza di quegli archetipi che ne rappresentano estensione e matrice. 

Malgrado la perdita di questo tipo di consapevolezza, Mercurio continua a camminare, più veloce e inafferrabile che mai, sul crinale che separa ragione e inconscio, trasportando con sé le sue arcaiche valenze. L’uomo può non esserne consapevole, eppure in qualche modo riconosce gli archetipi presenti nei sotterranei dell'inconscio che trovano spazi per infiltrarsi nella ragione.
Mercurio alato, velocissimo, che media tra l’uomo e gli dèi, espressione del mistero della conoscenza (“fissa il Mercurio”, dicevano gli alchimisti agli adepti che volevano trovare la pietra filosofale), oggi utilizza le tecnologie viaggiando attraverso le metamorfosi di linguaggi, parole, immagini.

La chiamiamo era della comunicazione, la nostra. Comunicare viene da communis, cum-munis partecipare con altri all’incarico.
Attraverso la fortificazione (munis), comunicare significa dunque mettere gli altri in grado di godere di una difesa comune (pensiamo anche ai comuni nell’antichità, piccole repubbliche che organizzavano la difesa dagli attacchi nemici).
Quale significato mantiene oggi questa parola così abusata? 

L’era della comunicazione, di cui i linguaggi e le scritture sono strumenti, supporti, veicola e ammassa notizie che premono come nubi sul cielo di un temporale, generando a volte l’impressione che occorra difendersi dalla stessa comunicazione che diventa pericolo, luogo di corruzione della capacità di discriminare, approfondire. 

Difficile parlare di comunicazione senza scadere nell’ovvio, senza inciampare nella superficialità delle solite cose, dette nel solito modo.
Forse non aveva torto Nanni Moretti quando – ironizzando sugli effetti platinati dei mestieri legati alla comunicazione, come quello delle pierre anni Ottanta, faceva dire a un suo personaggio: “Beh, sai, faccio cose…vedo gente…”. E in effetti molti presunti “comunicatori” non hanno contenuti da comunicare. Non basta il mezzo. Ci vuole il contenuto.
Se gli strumenti contemporanei agevolano la diffusione in tempo reale di qualunque notizia, non si può pensare di prescindere dal contenuto e dalla qualità.
Non basta “scrivere”, “parlare”. "Fare cose" o "vedere gente". Bisogna essere
Le tecnologie e i nuovi linguaggi (siamo questi visivi o parlati) hanno bisogno di superare la dispersione stimolando un utilizzo cosciente.


Quando Hal 9000 si ribella agli astronauti ci avvisa dei pericoli di un uso indiscriminato del "futuro" in cui tutto sembra a portata di mano. Il genio assoluto di Kubrick ci regala una delle scene più belle del suo capolavoro, ancora oggi terribilmente attuale.  

Torniamo per un attimo alla parola.
Se, subito dopo l’esperienza sensoriale, la parola rappresenta la fonte di contatto fondamentale di cui disponiamo, non possiamo ignorare la responsabilità del suo utilizzo. Il passaggio dal linguaggio parlato a quello scritto, estrema unzione delle tradizioni legate alla trasmissione orale, comporta comunque grosse responsabilità, come sapeva bene Platone.
La parola scrittura deriva dalla radice indoeuropea sker, che significa incidere. All’inizio l’uomo incideva, usava uno stilo per lasciare dei segni che erano anche sigilli sacri. Le antiche scritture geroglifiche o ideografiche (come in parte sono ancora il cinese e il giapponese) erano piene di significati, ma fondamentalmente semplici a comprendersi. Nel mondo moderno questi segni sopravvivono comunque, malgrado le metamorfosi e alcuni svuotamenti si significato. 
E tuttavia, tuttavia usare qualcosa di cui si ignora il senso profondo ci fa smarrire una chiave importante.

La lingua è viva, mutevole, varia con il cambiare di una società, di un’epoca storica. Ma, come abbiamo detto, se si va alla radice, all’essenza, si scoprono varianti sul tema che non ne intaccano però il senso che sta alle origini. Il problema semmai è riconoscerlo.

Il filo mercuriale di collegamento è sempre vivo, attivo. Usare la rapidità dei nostri tempi moderni cercando di non perdere, come Arianna, il filo che ci collega alla nostra radice rappresenta una scommessa, una sfida. 

Certo è che nuove tecnologie hanno modificato radicalmente gli assetti socio-culturali dell’intero pianeta.
Il web ha cambiato per sempre il modo di comunicare, di trasmettere contenuti. Si tratta di un gigantesco raccoglitore, una rete che può essere percorso o trappola. 

Perfino le forme tradizionali della scrittura, quelle che passano attraverso il libro, oggi braccato ma non sconfitto dalle nuove tecnologie, tengono conto di questa trasformazione. 

Case editrici all'avanguardia, sensibili ai linguaggi metropolitani e ai segni nuovi, per forma e contenuti, che caratterizzano le forme della nostra contemporaneità, attingono, nel monitoraggio di nuovi, promettenti scrittori, alle webzine e ai siti online, come vibrisse.net oppure nazioneindiana.it

L’editoria tradizionale non sarà sconfitta dalle tentazioni luciferine del web, come molti avevano annunciato negli ultimi anni con toni invasati da Apocalisse. Piuttosto troverà forme di integrazione, di convivenza forse non pacifica ma certamente stimolante. Del resto, il cinema non ha ammazzato il teatro, così come a sua volta non è stato “trucidato” dalla televisione. Il conflitto fa parte della vita. L’importante è trovare nuovi modi, modificando quelli vecchi e inventando modelli di integrazione. Ciò che oggi è nuovo domani è già invecchiato. A differenza del vino, questo tipo di stagionatura non miete successi. Che fare allora? Mantenere la qualità senza trasformare il cumulo di linguaggi e informazioni in un cimitero dell’intelligenza discriminante. Vero, tanta informazione stordisce, il luna park offerto dalle attuali possibilità tecnologiche è a doppio taglio, esattamente come la lama di una spada. Di nuovo, gli antichi sistemi simbolici di miti e leggende ci soccorrono ricordandoci che nulla è assoluto e che in tutto si ravvisa una doppia valenza. Siamo noi a decidere se usarne “il lato oscuro della Forza” oppure quello “chiaro”, come fanno i Jedi di Luckas (che non a caso dichiara il suo tributo a Campbell, esperto di mitologia). 

Sottrarci alla lotta per rifugiarci nell’archeologia un po’ pantofolaia di una nostalgica e rassegnata volontà di usare solo mezzi e linguaggi passati ha poco senso, oggi, a meno che non si voglia compiere un percorso ascetico, un eremitaggio figlio di vocazioni spirituali. Nella maggior parte dei casi, però, si tratta solo di un laico ripiego dovuto alla difficoltà di navigare nell’oceano di informazioni e di stimoli che assomigliano a napalm sganciato sulle nostre giornate. Non facciamoci devastare, allora, ma usiamolo invece come carburante. 

Un’altra area che oggi sta rimodellando i linguaggi e i supporti è quella dell’editoria periodica. Soprattutto i quotidiani, incalzati prima dalle diffusione delle agenzie stampa, poi dall’avvento del web con gli aggiornamenti in tempo reale, sono stati obbligati a rimettere in discussione ruoli e modalità dei giornalisti. 

Ci sono giornalisti molto battaglieri che invece di arrendersi alla free-press o alla minaccia di spodestamento provocata dalle promesse future delgiornalismo web cercano la vicinanza con i lettori. I linguaggi e gli strumenti devono cambiare, però. Del resto, sono solo i mutamenti a generare ogni processo evolutivo.
Le contraddizioni che emergono in chi si occupa dei linguaggi della modernità ci offrono la misura delle sfide che comporta questo inizio millennio. 

La rapidità è forse il sintomo più significativo dei cambiamenti che nel secolo appena trascorso l’uomo ha dovuto affrontare. La rapidità è l’essenza stessa di Mercurio, con il quale abbiamo aperto la nostra piccola riflessione.
Viaggiare sulle ali di Mercurio vuol dire imparare a governare i nostri linguaggi mantenendo sempre – insieme all’espansione orizzontale – anche la profondità verticale. Le scritture e i linguaggi, che si fanno sempre più rarefatti, aerei, grazie anche alle nuove tecnologie, non possono e non devono dimenticarsi delle loro radici. Mai.